Editoria

Grammatica del Dialetto Irpino

Aniello Russo

Prefazione alla terza edizione

[Nativo] Dopo oltre quindici anni dalla prima edizione della mia Grammatica di un dialetto  irpino, che vide la luce nel 1988, ecco qui la terza edizione, riveduta e ampliata, che ora reca il titolo di Grammatica del dialetto irpino, in quanto lo studio e la ricerca interessano tutta quanta l’Irpinia. Il nuovo testo, infatti, riporta le particolarità fonetiche e morfologiche delle varie aree della vasta provincia di Avellino.

La stesura della grammatica è stata condotta esclusivamente sul materiale di trasmissione orale, patrimonio culturale di pochi anziani che non hanno del tutto alterato l’antico vernacolo paesano. Un vasto materiale, testimonianza della nostra parlata, che è stato raccolto su audiocassette negli anni che vanno dal 1975 a oggi. I racconti (oltre cinquecento), i proverbi (circa diecimila) e centinaia di altri testi (canti, filastrocche, nenie, indovinelli) sono stati rilevati su un’area estesa che va dall’Alta Irpinia (Calitri, Lacedonia, Guardia) ai paesi dell’Alto Ofanto (Nusco, Lioni) all’area arianese (Ariano, Montecalvo), al Serinese (Senno, Solofra, Montoro) all’area del versante napoletano Avella, Baiano) a quella del versante beneventano (Cervinara, ecc.).

Non c’è dubbio che il dialetto irpino abbia caratteristiche sue proprie che riguardano non solo la fonetica, ma anche la morfologia e la sin tassi. Alcune di queste caratteristiche sono comuni in tutto il territorio irpino, altre interessano solo un’area o addirittura una sola comunità. Per esempio, l’uso dell’articolo neutro è quasi del tutto scomparso nella parte bassa dell’Irpinia, mentre resiste in altre aree; i fenomeni di metafonia e di dittongazione sono comuni a tutte le parti irpine e anche al dialetto napoletano. Così pure il raddoppiamento della consonante iniziale, dopo specifiche particelle, è caratteristica di quasi tutti i dialetti campani.

Soprattutto l’Irpinia più interna mostra nei suoi linguaggi una maggiore parentela con le aree confinanti (Cilento, e Lucania in generale) che col dialetto dell’area napoletana. Come rileva Nicola De Blasi (Profili linguistici, op. cit., p. 25 segg), i dialetti irpini presentano sostantivi e aggettivi terminanti in —i: càoci (calce),fàvici (falce), croci (croce), ecc. che il napoletano ignora. E ancora: il pronome latino ille ha dato nel napoletano chille, ma in Irpinia una varietà di soluzioni:

quiri, quiddi, quiddri La stessa parola indicante il ragazzo, guaglione (comune al napoletano e all’irpino) presenta il suo femminile in guagliona (a Napoli) e in guagliotta (in Irpinia) e in quadràra (a Montecalvo). Nel nostro dialetto, almeno nelle parlate dell’Alta irpinia, si segnala l’assenza del futuro e del condizionale che, invece, è presente nel napoletano

Anche i numerosi esempi sono tratti da testi orali. Questi resti sono costituiti dai cunti – racconti erotici, aneddoti, leggende religiose (e in questo caso se ne cita la fonte: sia il luogo che il titolo del brano. Dove non è citata la fonte si intende di Bagnoli), ai canti.. proverbi… rilevati tutti dalla viva voce dei nostri anziani nella mia trentennale ricerca nel territorio.

Il dialetto irpino è un linguaggio non abusato letterariamente, ma rimasto incontaminato (sostiene Roberto de Simone), grazie alla purezza conservata per altri tre secoli dopo la peste del Seicento che invece segnò l’imbarbarimento del dialetto napoletano. Infatti dalla lettura del Pentamerone si evince lo studio  del dialetto napoletano del tempo (prima della peste ) che era assai vicino al dialetto irpino, sia nella musicalità, sia nella carnalità delle espressioni, sia nella concretezza del parlato popolare che rifugge dalle astrattezze.

Recensioni

  1. A) Ng’era na vota (Valsele, Napoli 1987)

IL MATTINO, 3 1-1-1987: Alfonso M. di Nola

Rigore estremo di impegno scientifico vengono, invece, da un inatteso libro di

Aniello Russo che… ci rende un testo esemplare per correttezza filologica.., questa raccolta è un esempio che non dovremmo dimenticare nel mezzo dello squallore delle approssimazioni.

  1. B) Il novellino, (Pironti, Napoli 1992)

Dalla presentazione di Roberto De Simone:

“…Attualmente, proseguendo una trentennale indagine sul racconto di tradizione orale, è sempre l’Irpinia a rappresentare il mio punto di riferimento più importante. Anzi… è da considerarsi una grande area di memoria arcaica: la memoria più antica che possa vantare la Campania. La compattezza e la vastità dei repertori favolistici è da attribuire alla connotazione pastorale della zona. In tal senso, gli antichi pastori, scendendo periodicamente a valle con i loro greggi verso la Puglia o verso l’area casertana, erano portatori di notevoli scambi culturali…le tematiche sono varie e diversificate… Riscontriamo la favola di magia, il racconto esemplare… e il racconto erotico… Sul detto repertorio va lavorando da anni, e seriamente, Aniello Russo, che pazientemente ha collezionato una notevole quantità di registrazioni rilevate dai più anziani testimoni della tradizione popolare… Ma il dato più rilevante del lavoro di Aniello Russo è rappresentato dalla fedeltà delle trascrizioni e dalla onestà con cui egli si colloca nei riguardi della tradizione… Il lavoro del Russo si distingue perché la fonte delle sue trascrizioni è squisitamente orale.. né indugia sui compiacimenti dialettali, pruriginosi… Ho letto, perciò, con estremo interesse il presente volumetto del Russo e oltre, agli elementi rilevati, non posso non segnalare anche una piacevole immediatezza di linguaggio.

(La Repubblica, 19-7-1992: Antonio Tricorni)

“Lunghi armi di lavoro per raccogliere più di quaranta racconti erotici, frutto della fatica è Il novellino di Aniello Russo, che esce in questi giorni per l’editore Pironti, con una presentazione di Roberto De Simone.., il sesso non è il tema centrale dei racconti, è soltanto una chiave, un pretesto per parlare d’altro. E in alcuni casi, nei racconti, si tratta di sesso come di uno strumento di sopravvivenza.., i toni dei racconti sono, infatti, ingenui, sorridenti. Il sesso è narrato in maniera giocosa e spensierata, senza gravità o drammaticità. Basti pensare che questi racconti venivano detti tra ragazzi e ragazze molto giovani, durante la scapucciatura del granturco…

(L’Unità: Folco Portinari)

Il novellino è un volume che raccoglie 41 reperti-novelle, accompagnati da altrettanti introduzioni critico-informative, un lavoro sistematico che dovrebbe rientrare in quelle operazioni d’ordine antropologico o etnologico.., ma l’impegno del Russo è scientifico a metà. Non c’è dubbio, tuttavia, che i documenti siano interessanti e stimolino la curiosità del lettore. Un libro sufficiente a renderci conto che esistono e resistono nel tempo alcune trame funzionali che si ripetono. Il che significa, poi, alcune morali esemplificate, che prevedono, a sostegno, una volontà pedagogico- dimostrativa:

il paradosso sta in una sorta di edificazione a rovescio, parodiata o sottintesa rispetto a quella sacra dei santi di Jacopo Da Varagine. . .Trovate in questi racconti un’intonazione comica, di ilare oscenità, per ammiccamenti verbali e aperte pronunce, grosso lane, e dove la trasgressione si concreta, al massimo di drammaticità, nella beffa crudele e impietosa, quanto scaltra o vendicatrice…

Il  Mattino, 3-8-1992: Generoso Picone

Russo non ha voluto vestire i panni dell’antropologo, pur dotato di ricca biblioteca che gli consente interessanti intrecci tra la tradizione campana e le fiabe russe di Afanasjiev e quelle dei Fabliaux, passando ovviamente per Boccaccio, Masuccio Salernitano e Basile: il suo appare più un tentativo — e ben riuscito, alla fine — di recuperare consistenti brani della memoria storica popolare… La vita che si in in questi racconti, più che rispecchiare quella reale, rappresenta il frutto di un fervido immaginario, di una fantasia accesa dalle solitudini delle montagne e — lo sottolinea Roberto De Simone — irrobustita dagli scambi a valle.

Il Mattino, 2 1-2-1993 Giuseppe Pisano

Erotismo, dunque, mai bieco e compiaciuto. Ingenuo, com’era nei tempi in cui non c’era separatezza fra l’uomo e la natura. Racconti belli anche per la prosa di Aniello Russo, il quale ha già raccolto una splendida antologia di fiabe popolari… Russo rievoca un mondo di narratori “naturali” che, accanto al fuoco del caminetto, intorno all’aia per la spannocchiatura del mais o tra i filari di Aglianico per la vendemmia, sapevano tenere avvinta l’attenzione di tutti…

  1. C) Fiabe d’irpinia (La Ginestra, 1994):

Dalla presentazione di Luigi Anzalone:

“… Il lavoro del prof. Aniello Russo, un intellettuale di vena poetica, dà un contributo rilevante al repertorio dell’immaginario popolare, consegnandoci un volume di FIABE IRPINE… nelle fiabe della nostra gente c’è qualcosa che ne evidenzia l’indubbia creatività e ci consiglia di mantenerne la memoria. E’ quanto di intensamente mediterraneo e dionisiaco e insieme umbratile e schivo, solare e dolente, c’è nell’animo degli irpini. Nel che, poi, è la sua bellezza.

[Russo A., Grammatica del dialetto irpino, Ed. Avellino: International Printing – 2004]

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *