• Approfondimenti,  Cultura,  Il nostro passato,  Politica,  Storia

    Ricordando Giuseppe e Pietro Cristino nella terra del silenzio

    Angelo Siciliano

    Pietro Cristino 1° Sindaco di Montecalvo Irpino

    [Ed. 00/00/0000] [N. 10/12/1991] Parlare di Giuseppe e Pietro Cristino, oggi, nell’epoca del crollo delle ideologie, dopo l’implosione dei regimi totalitari dell’Est europeo, ma anche di guerre sanguinose – basti pensare a quella del Golfo Persico e all’altra tra le nazioni dell’ex Iugoslavia – che sicuramente hanno trovato una concausa nel crollo del Muro di Berlino del 1989, che ha segnato la fine della guerra fredda e dei blocchi contrapposti, guidati dalla fine della seconda guerra mondiale rispettivamente da USA ed URSS, potrebbe anche significare andare ad indagare fatti, persone e vicende del Novecento, la cui storia, oltre che non sempre ripercorsa e chiarita adeguatamente e a sufficienza, ci appare distante anni luce. E proprio tale distanza consente che tanti personaggi di primo piano, che hanno fatto la storia civile e sociale del nostro paese, possano essere spesso posti in discussione per le scelte politiche fatte e per il loro operato nel secondo dopoguerra, in quanto hanno contribuito, seppure indirettamente, a quel sistema politico nazionale bloccato, rimasto senza alternativa. Si è parlato e si parla anche di democrazia incompiuta. La realtà è che per più di quaranta anni ci hanno governato più o meno le stesse persone, realizzando – caso unico tra i paesi occidentali – una sorta di “dittatura” in democrazia, che ha determinato conseguenze assai gravi: invecchiamento e inefficienza delle Istituzioni pubbliche; alcuni fenomeni gravi di collusione tra politica e criminalità organizzata; intere regioni alla mercé di mafia, ‘ndrangheta o camorra che insanguinano il Sud sostituendosi allo Stato come se questo avesse rinunciato alle proprie funzioni; malcostume diffuso della pratica del pizzo e della bustarella per cui, sempre più spesso, la cronaca nera è ricca di casi di burocrati e amministratori locali divenuti essi stessi, in prima persona, i gestori del malaffare. È il “diritto negato” ad alimentare spesso faide tra i malavitosi e comportamenti omertosi anche tra i cittadini. I partiti politici si sono trasformati in qualcosa di diverso da ciò che erano originariamente: da strumenti di democrazia sono diventati organizzazioni di potere. Tuttavia pare che ora qualcosa cominci a cambiare e fasce non trascurabili della popolazione non sono più disposte a concedere la propria delega in bianco ai politici, portati sempre più ad anteporre gli interessi particolari, di pochi privilegiati, all’interesse generale della collettività. I problemi sono tanti. Da locali o nazionali che erano, sono divenuti di portata planetaria. Non sarà di certo la logica delle lobby, delle multinazionali e della propensione al consumismo a prospettare le soluzioni più eque o più giuste per la nostra società.

    1946: Elezioni del Sindaco Dott. Pietro Cristino
  • Eventi,  Spettacoli

    Pianeta Donna, spazio alla mondanità

    Avv. Franco Campana

    [Ed. 25/06/2005] Montecalvo Irpino AV – L’edizione 2005 di Pianeta Donna si presenta ancora più ricca di novità rispetto al passato. Numerosi gli eventi in scaletta: alcuni si sono già celebrati il 22 e 23 giugno a Ischia, in concomitanza con Amare Moda Mare e oggi a Castelvolturno, dove si tiene il torneo di golf legato all’evento. La giornata si chiude con un avvenimento mondano: il galà, all’interno del quale ci sarà una cena spettacolo, una premiazione e una sfilata di moda organizzata per l’occasione.
    La quinta edizione non si ferma qui. Continuerà anche a luglio, quando il 30 e il 31 a Montecalvo Irpino Pianeta Donna si abbina alla manifestazione organizzata da Fate & Streghe. La conclusione del progetto si terrà come lo scorso anno a Capri.
    L’appuntamento è alla Certosa Grande dell’isola azzurra per il 18 e 19 settembre.
    “Coldiretti — dichiara Vito Amendolara, direttore della confederazione di Coltivatori diretti della Campania — è protagonista di questa iniziativa, nella quale crede fermamente. Valorizzare il ruolo della donna nella società è per noi un impegno prioritario. All’interno di Coldiretti il successo delle imprese guidate da donne è in forte crescita”.
    “L’idea Pianeta Donna — chiarisce Franco Campana, componente del comitato organizzatore dell’evento — parte dal tentativo di valorizzare la figura della donna impegnata nel mondo dell’economia, nella società, nella cultura e in tutti i campi della vita”.
    L’organizzazione della manifestazione è affidata a Europa 2000, alla società Fate & Streghe, all’Associazione regionale per la Moda che opera nel settore della promozione turistica, dell’immagine, dell’artigianato.
    “La manifestazione — continua Campana — vuole proporre un’immagine più attuale e veritiera degli spazi che la donna ha conquistato nella nostra società”.
    Lo spaccato presentato nel corso della manifestazione non si limita a Napoli e alla Campania. L’intenzione degli organizzatori punta ad accendere i riflettori sulla condizione della donna in tutto il mondo. Vogliamo favorire l’integrazione della donna nella società e promuovere i principi e i valori della multiculturalità”.
    “Nel corso degli appuntamenti di Pianeta Donna — precisa Amendolara — intendiamo approfondire, analizzare e discutere dei problemi del settore e promuovere una passerelle dell’imprenditoriale internazionale”.
    Molti gli obiettivi che si propongono gli organizzatori.
    Innanzitutto consolidare un appuntamento per far arrivare in Campania i personaggi celebri della cultura, dello sport e dell’imprenditoria, analizzare i problemi e le prospettive del settore nell’economia nazionale e internazionale; approfondire notizie sui mercati emergenti; promuovere l’immagine della regione nel Mediterraneo; favorire l’espansione del commercio, la promozione dell’artigianato e la crescita economica in genere.
    “Sono molte — afferma Gennaro Masiello, presidente di Coldiretti Campania — le iniziative che ogni anno Coldiretti, sia a livello regionale che su scala nazionale, organizza per favorire il protagonismo delle donne nelle imprese agricole e nell’economia in genere. Siamo convinti — continua Masiello — che questa sia la strada per arricchire e far crescere il nostro territorio. Negli ultimi anni sono molte le donne che si sono iscritte alla nostra confederazione. Ritengo – conclude Masiello – questo un successo importante che segna la bontà di tante iniziative messe in campo”. [Nativo]

    Anna Di Emilia

  • Beni,  Beni artistici e storici

    Il Palazzo Peluso

    Montecalvo Irpino AV – Corso Vittorio Emanuele
    Il palazzo Peluso appartenne in precedenza alla famiglia Ciampone, che abitò a Montecalvo già nel XVI secolo. I Peluso, famiglia di famosi avvocati, abitarono invece a Montecalvo a partire dalla seconda metà del XVII secolo, stabilendosi in quella dimora che nel XVIII secolo fu dotata dell’attuale assetto. Venduto di recente alla famiglia De Julis, esso é stato successivamente e per ben due volte ceduto ad altri. Allo stato attuale, purtroppo, esso non è conservato nella sua integrità in quanto subì una parziale demolizione sul lato che va verso via S. Antonio. Tra gli elementi superstiti della facciata sul corso Vittorio Emanuele è l’ingresso, a sagoma mistilinea, inquadrato da un ricco portale in pietra scolpita. Esso è reso particolare dalla presenza di cornici con numerose modanature e, ai lati, di paraste impostate su un alto zoccolo e terminanti in un capitello scolpito con volute aggettanti. Volute più schiacciate rendono articolato il portale nella sua definizione laterale. Tangente ad esso è il balcone del piano nobile, che ha un profilo leggermente arcuato e circondato anch’esso da cornici modanate. In sommità, impostato su paraste laterali, è un accenno di timpano ricurvo, che si interrompe al centro per fare spazio allo stemma in pietra della famiglia Peluso. Oltre il suddetto balcone, l’originale facciata presentava una serie di otto balconi, in corrispondenza dei quali erano poste rispettivamente delle finestrelle quadrate con relative cancellate. Tra gli spazi interni sono superstiti le cantine estese per tutta l’area del palazzo. Particolare elemento di pregio è la presenza di affreschi settecenteschi conservati in alcune sale e nella cappella privata del palazzo. Parte dell’edificio è stata demolita dopo il sisma del 1980. [ Correlati: Nel Sito / Sul Web]

    Redazione

    [Bibliografia di riferimento]
    [Cavalletti G.B.M. Montecalvo dalle pietre alla storia, Poligrafica Ruggiero, Avellino, 1987]
    [AA.VV., Progetto Itinerari turistici Campania interna: la valle del Miscano, Volume 1 , Poligrafica Ruggiero, Avellino, 1993]

  • Ambiente,  Cronaca

    Presentato il programma per la raccolta differenziata

    [Ed. 11/02/2008] Montecalvo Irpino – Il Comune si attrezza per contribuire a risolvere il problema relativo alla emergenza rifiuti ed individuare alcune aree potenzialmente idonee per lo stoccaggio: si tratta delle zone Valli, Trigna-Mauriello e Brecce. La decisione è emersa al termine della conferenza dei capigruppo, che si è svolta ieri sera nella sede del comune di Montecalvo Irpino, alla presenza del sindaco Giancarlo Di Rubbo. Il tema in discussione riguardava la condivisione delle problematiche legate ai rifiuti, l’esame della ordinanza emessa dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, l’individuazione delle aree di conferenza provvisoria e la programmazione della raccolta differenziata. Il primo cittadino ha espresso sconcerto per l’assenza delle organizzazioni sindacali, “perché – ha affermato – mai come in questo caso la solidarietà delle istituzioni e delle rappresentanze sindacali deve realizzare l’azione di corretta informazione e di supporto al Commissario delegato per porre finalmente la parola fine a decenni di incuria ed incapacità”. I capigruppo, Alfonso Caccese e Carlo Pizzillo hanno condiviso l’iniziativa assunta da Di Rubbo e l’assessore Carlo Serafino ha proceduto a presentare la bozza di programma per la raccolta differenziata, basata sul codice identificativo del produttore a lettura elettronica con scheda personale di carico, dal cui novero, a fine anno saranno calcolate le detrazioni dall’importo della tassa. [Nativo]
    [Credit│irpinianews.it]

    Redazione

  • Politica

    “Caro” Comune!

    Mario Corcetto

    Montecalvo Irpino AV – “Caro” Comune!

    Chi inquina paga, dice l’Europa. No, ribatte il comune di Montecalvo, pagano tutti. Anzi chi inquina di meno deve pagare di più! Un paradosso? Macché, una triste realtà.

    Sia fatto 100 il costo della TARI. Per i non residenti il Comune di Montecalvo prevede un abbattimento del 20%, per cui chi non risiede paga 80. Sì, ma facciamo un po’ di calcoli. Un residente paga 100 ma usufruisce del servizio di raccolta e smaltimento rifiuti per 12 mesi (11 se uno se lo concede di vacanza). Dividendo il costo pieno (100) per 12 ne deriva un costo mensile di 8.34 (9.09 se va in vacanza per un mese). Un oriundo, invece, in un anno usufruirà del servizio per un mese, massimo due, con un costo mensile di 80 o 40, in proporzione molto di più (fino a 10 volte tanto).

    Vecchie reminiscenze degli studi di diritto tributario riportano alla mente la circostanza che la tassa sia dovuta a fronte di un servizio fruito. Ha carattere commutativo, dicono quelli che sanno, poiché è il corrispettivo di una prestazione.  Si dirà: ma anche la predisposizione di un servizio, di cui per fatti personali si gode per tempo limitato, ha un costo. E su questo si deve convenire. Non si può organizzare un servizio alla bisogna del singolo.

    Tuttavia, da una verifica effettuata nei paesi limitrofi, tutti facenti capo ad Irpinia Ambiente per lo smaltimento dei rifiuti, è emersa la seguente situazione che rappresenta plasticamente la sproporzione  di  quanto  sia  addebitato  agli  oriundi  montecalvesi  per  il  costo  del  servizio,  in relazione a quanto speso dai vicini

    CALCOLO PER UNA SECONDA CASA DI 50 MQ (al netto del 5% dovuto alla provincia)
      Comune N. abitanti Utenti figurativi Costo fisso a mq Quota variabile   Abbattimento Costo annuo in euro   Differenza €
    Montecalvo Irpino   3336   2   0.73   323   20%   287   –
    Castel Baronia   1061   1 0.25 (già abbattuto) 61.59 (già abbattuto)   50%   74.09   – 212,91
      Scampitella   1036   2   0.85   150   15%   163.62   – 123.38
      Montaguto   417   1   0.24   45.57   –   57.57   – 229.43
      Flumeri   2586   2   0.22   279   30%   203   – 84
      Bonito   2216   1   0.77   52.74   30%   63.86   – 223,14

    Dalla    tabella    comparativa    risulta    evidente    che,    rispetto    agli    altri    comuni    esaminati, l’amministrazione montecalvese NON ha:

    –  individuato, a fronte di costi che dovrebbero essere analoghi, forme di contenimento della spesa per i cittadini;

    –   adottato agevolazioni significative nei confronti dei non residenti.

    Peraltro, tra i paesi esaminati Montecalvo è il più popoloso, circostanza che dovrebbe far realizzare le cosiddette economie di scala, con conseguente abbattimento dei costi.

    A questo punto qualche considerazione si impone. Va ricordato, in primis, che i non residenti pagano l’IMU, per legge non applicata alla prima casa dei residenti. Questo tributo, sommato alla tassa in parola, colloca coloro che non hanno rappresentanza politica locale tra i contribuenti più generosi per le casse comunali.

    La divisione pedissequa del costo tra i contribuenti, non richiede alcuna valutazione essendo un mero fatto ragionieristico. Mentre il più alto momento istituzionale di chi rappresenta ed amministra una comunità è la valutazione politica degli atti pensati, disposti e attuati: sia nella ricerca di soluzioni vantaggiose per tutti i cittadini, sia per un’equa ripartizione degli oneri, sia per il rispetto delle minoranze, soprattutto di quelle presenti ma non rappresentate politicamente. Sì, perché gli oriundi sono presenti. Fanno parte della comunità. Partecipano alle spese comunali. Concorrono alla manutenzione del patrimonio immobiliare. Alimentano l’economia del paese. Frequentano parenti ed amici che, loro sì, sono elettori!

    Per quanto precede, io cittadino “diversamente presente”, auspico un deciso intervento per il contenimento  degli  oneri,  evidentemente  possibile  non  in  ipotesi  ma  riscontrato  attraverso l’indagine condotta. L’onere della ricerca di forme di risparmio lo vedo in capo agli attuali amministratori, che hanno ancora il tempo per un atto riparatorio e per lasciare una giusta eredità a chi gli succederà. E lo vedo in capo alle opposizioni che dovrebbero istituzionalmente farsi carico di raccogliere e far propria la voce delle minoranze ed esercitare la funzione di pungolo politico nei confronti di chi amministra.

    Sono convinto che non sarà azione semplice. Che richiederà coraggioso impegno. Ma sono altrettanto convinto che sarà azione meritoria che gratificherà tutti, elettori e non. Chi ingaggerà questa “battaglia”, comunque vada, sarà ripagato lautamente dalla gratitudine   dei montecalvesi vicini e lontani. Si fa politica pure per questo. O no!?

    Un caro abbraccio a tutti.

    Mario CORCETTO (mariocorcetto@tiscali.it)

  • Il nostro passato,  Storia

    La rivoluzione dell’89

    Repubblica napoletana – Montecalvo alza l’ albero della Repubblica – Restaurazione ed eccidi.

    [Edito 00/00/0000] Siamo agli anni della rivoluzione francese. Se ai tempi di Luigi XI, in Francia fu abolito da quel re il feudalismo e create le leggi civili, con la rivoluzione dell’89 si spazzava via ogni antico privilegio nobiliare e si fondava la repubblica in nome della fraternità, dell’ uguaglianza e della libertà. Si ebbero giorni tragici e terribili, nella vicina repubblica d’occidente. Il grande rivolgimento che si era compiuto oltralpe, fu una minaccia pericolosa per la tranquillità dell’Europa in genere, e per la sicurezza dell’ Italia in ispecie. Politicamente, però tutto era cambiato, e quello che accadeva in questi anni al di là delle Alpi, più tardi accadeva anche al di qua.

    Ormai un’ aura nuova spirava in tutte le regioni d’italia. Nella metropoli partenopea già si apriva la prima pagina di quel grande martirologio, che doveva segnare, a lettere d’ oro, tutti quelli che, per prima servirono alla causa della Patria.

    Il 3 Aprile del 1795 si scopri a Palermo una congiura contro il re Ferdinando IV di Borbone  e nel 1799 si ebbe la rivoluzione napoletana.

    Intorno a tale periodo, ecco ciò che scrive Vincenzo Cuoco, già Consigliere di Stato e magistrato coltissimo del tempo : « La rivoluzione napoletana del 1799 – è il piccolo saggio, la circoscritta prova dei principii dell’ 89. Quivi si compiono, in breve giro, tutte le fasi del ciclo rivoluzionario, che su più vasta scala si son compiute poi nei grandi rivolgimenti europei. – Se questi principii, nella loro astrattezza si propagarono a Napoli e furono causa del mutamento di governo, ciò derivò in gran parte, dalla stolta politica dei Borboni, che con le loro persecuzioni li  polarizzarono, mentre prima non erano che patrimonio di dottrinarii. – La rivoluzione di Francia a Napoli s’in tendeva da pochi, da pochissimi si approvava, quasi nessuno la desiderava. — E per quanto fossero vivi i bisogni nuovi del popolo, erano pertanto troppo di versi da quelli dei francesi perchè fosse possibile soddisfarvi nell’ identico modo. Donde la caducità della rivoluzione – e il rapido successo della reazione borbonica, ecc. »

    I paesi del reame partecipavano, relativamente, ai destini della capitale. Le condizioni della nostra gente – mentre il secolo XVIII moriva – disgraziatamente, non dissomigliavano molto dalle precedenti. Montecalvo, condannata, nei secoli passati, ad un fatale abbandono e decadimento cercava rialzarsi. L’ultima fase dell’antico regime e delle condizioni esaurite e servili del regno, sono descritte dagli storici contemporanei. E’ la continuazione degli antichi sistemi sotto il comando degli antichi dominatori.

    La nostra gente immiserita dall’ignoranza, in uno a molte altre circostanze locali, ubbidiva al Borbone, e per lui ai minacciosi rappresentanti ufficiali del luogo.

    Il  nuovo soffio di vita repubblicana, poco durata , produsse da noi un lieve e breve mutamento, come in altri paesi provinciali. Montecalvo ha un particolare degno di menzione in questo periodo di rivoluzioni, e cioè, che riconobbe la repubblica alzando , in diversi punti del paese , l’albero della repubblica medesima. La notizia corrisponde a verità, perchè nei ricordi popolari , nella tradizione di un fatto non molto lontano , si raccontano altri particolari dai vecchi centenari, relativi a quell’epoca.

    Restaurazione borbonica – Gli eccidi

    E’ noto come per le campagne napoleoniche, queste nostre provincie passarono, successivamente, sotto i due re napoleonidi , Giuseppe Bonaparte ed il re Cavaliere, Gioacchino Murat. Essi, in nome del primo Napoleone portavano la parola di liberazione alle contrade del Mezzogiorno, modificando in un decennio, l’un dopo l’altro, tutto il vecchio regime e distruggendo gli ultimi avanzi del feudalismo , tanto letale ai nostri paesi , e dando quel complesso di leggi civili e penali, che tutti conosciamo.

    Il fato napoleonico si era avverato, la sua potenza veniva fiaccata a Watterlòo  e i destini dell’Europa e d’italia, si erano cambiati. Il congresso di Vienna, per la guerra d’italia mossa da Gioacchino, nell’anno quindicesimo lo dichiarò decaduto dal trono di Napoli e ristabilita la vecchia dinastia dei Borboni. E riunendo in un regno le due Sicilie, re Ferdinando IV di Borbone si chiamò Ferdinando I nel regno unito, sul finire del 1815.

    Inenarrabili furono gli orrori e la barbarie compiuti al ritorno di re Nasone, dopo i pochi mesi di repubblica. Egli e i suoi accoliti, furono presi addirittura da follia sanguinaria e gli eccidi le scene di terrore e le altre misure punitive che si praticarono, fanno rabbrividire chicchessia. I rappresentanti del pensiero del secolo XVIII , i più grandi ed illustri giuriconsulti del tempo , le più chiare intelligenze di ogni età e di ogni famiglia , furono crudelmente colpiti, con terribile spargimento di sangue. [Nativo]

    Redazione

    [Bibliografia di riferimento]
    [P. Santosuosso B., Pagine di storia civile di Montecalvo Irpino, Tipografia Fischetti, Sarno SA, 1913]

  • Ambiente,  Cultura e tradizione,  Territorio

    La Malvizza

    Alfonso Caccese

    [Ed. 24/01/2005] La ricerca delle proprie radici è un’esigenza che prima o poi, qualsiasi individuo si sente in dovere di tradurre in informazioni reali. Talvolta, addirittura, questa operazione si arricchisce via via di contenuti di sicuro valore letterario, scientifico, poetico. Per conseguire traguardi di tali dimensioni, è opportuno esprimere una gamma di funzioni e di sensibilità di fondo talmente ampia da poter essere parafrasata senza limitazioni di sorta. Ne possono nascere trame espressive di diversa tipologia analitica: con inclinazione alla creatività artistica o alla riscoperta dell’ uomo attraverso vere e proprie analisi del contesto sociale. Si tratta di lavori rari, però, quando se ne scopre qualcuno, lo si legge con un piacere nuovo, se non altro per appropriarsi dei piccoli tesori che in esso si celano, magari dietro un sottile velo di pudore. A ricordare e a tramandare oralmente tutto quello che è possibile ed umanamente tramandabile è il carattere forte e duro degli abitanti di questa contrada attenti custodi della propria storia e delle proprie tradizioni. Uomini e donne forgiate dalla durezza della vita ma strettamente legati alla continua evoluzione dei tempi moderni perenni testimoni di una storia non scritta ma realmente passata in questa terra che ancora oggi mantiene tutto il suo fascino misterioso e affascinante. La mesta sobrietà di vecchi contadini che da antichi massari, si sono , trasformati in conduttori di aziende agricole moderne dove del passato resta solo la struttura organizzativa di un lavoro svolto con una cadenza di tempi connesso ai ritmi biologici della natura. In una masseria , diventata oggi una moderna villetta di campagna, incontriamo una famiglia organizzata secondo i vecchi canoni ma con opportune differenze. Accanto allo screpitio di legna che irradia la sua luce e il suo calore da una “fucagna” da antichi ricordi, il buon vecchio Antonio, questo è il suo nome ci ricorda che: “ Non è più come una volta, oggi pure nella nostra contrada tutto è cambiato, ci sono le macchine moderne che ci aiutano nel nostro lavoro, siamo diventate aziende agricole e non siamo più al tempo dei massari”. Nella sua intensa vita ha visto il mutare delle cose e coi propri occhi ha assistito alla trasformazione radicale del mondo contadino dagli inizi degli anni sessanta in avanti. Testimonianza di un epoca in cui l’analfabetismo era imperante e la popolazione, traeva sostentamento dalla coltivazione della terra e dall’allevamento del bestiame. La suddivisione della società in classi era una tremenda realtà e i lavoratori della terra rappresentavano la classe più umile. Nelle masserie luogo più importante era l’aia, da anni scomparsa per colpa della moderna organizzazione del lavoro. In questa parte centrale si procedeva alla trebbiatura dei cereali si lavorava in mezzo al baccano e alla confusione, secondo una tradizione consolidata. Una moltitudine di uomini, donne e ragazzi lavoravano alacremente sull’aia, per giorni o settimane, ammazzandosi di fatica. Si respirava polvere e si sudava tanto con la canicola di luglio e agosto, per mettere da parte il raccolto dei cereali per l’inverno e anche la paglia per le bestie. A partire dagli anni Settanta, le nuove macchine tecnologicamente avanzate ( le mietitrebbiatrici ) capaci di operare anche sui declivi delle colline, hanno risolto ogni problema con la trebbiatura effettuata direttamente nei campi coltivati e la consegna, ai relativi proprietari, dei sacchi pieni di grano a domicilio. In questo modo sono scomparse delle affascinanti figure ottocentesche di lavoratori rurali, oramai confinati nei ricordi di un tempo che fu. Anche il paesaggio rurale in questi decenni è mutato, sia per l’introduzione di nuove tipologie di coltura che per l’uso diffuso delle macchine agricole che hanno sostituito il lavoro umano. [Nativo]

  • Il Beato Felice da Corsano,  Persone

    Il Beato Felice da Corsano

    Il beato Felice da Corsano ebbe i natali, sullo scorcio della prima metà del XV secolo, nel feudo di Corsano, all’epoca università autonoma nella diocesi di Ariano, oggi comune di Montecalvo Irpino e diocesi di Benevento. Dotto in lettere e teologia era stato allievo degli Agostiniani di San Giovanni a Carbonara in Napoli. Le cronache dell’Ordine Agostiniano lo tramandano con il titolo di baccelliere. Fu archivista e storico dell’ordine Agostiniano. Nel 1470 con alcuni suoi confratelli, tra cui il meglio della cultura teologica del monastero napoletano di San Giovanni a Carbonara, si fermò sulle pendici boscose di Valle in Vincoli, territorio dell’odierna cittadina di Deliceto, in provincia di Foggia.
    Qui, colpito dall’amenità dei luoghi, ricchi di un’estensione boscosa di circa centoundici ettari e stando egli con il pensiero di fondare una Riforma, dove si vivesse con maggiore osservanza secondo il primiero spirito dell’Ordine fondò un primo convento dedicandolo a Maria Santissima della Consolazione. Accanto al convento furono costruiti un piccolo chiostro, tre stanze ed una chiesetta dalla pianta rettangolare. Sull’altare maggiore di questa fu collocata, nel 1470, una tavola ad olio, commissionata dallo stesso beato Felice, raffigurante la Vergine che allatta il Bambino.
    Ultimato il convento il padre Felice cominciò a meditare una riforma dell’Ordine Eremitano di Sant’Agostino, a suo parere necessaria ed urgente. Sulla scorta di una soda preparazione teologica, di una fede profonda e sicura, nonché di un spiritualità ricca di sani elementi popolari, a distanza di ventidue anni dalla fondazione del convento e della chiesa di Maria Santissima della Consolazione, padre Felice da Corsano inaugurò la sua Riforma che chiamò Ilicetana dal nome della cittadina di Deliceto, anticamente Ilicetum, nel cui territorio sorgevano la chiesa ed il convento.
    La nuova congregazione fu posta sotto la protezione della Madonna della Consolazione. Il rinnovamento proposto dal beato Felice, che si inserisce nel vasto movimento riformatore pretridentino che in tutta Europa precedette, accompagnò e seguì la rivoluzione luterana, interessò, in breve tempo, almeno tre regioni e sette diocesi dell’Italia Meridionale: Puglia, Campania e Molise; Ariano, Ascoli di Puglia, Avellino, Benevento, Bovino, Boiano e Troia. Il suo nome è inserito, con il titolo di beato, in tutti gli antichi annali dell’ordine agostiniano. Nel 1775, dopo aver preso atto che già il padre Felice da Corsano, fin dalla sua morte era venerato come santo, il vescovo di Bovino aprì formalmente il processo di canonizzazione secondo i dettami dei decreti in materia emanati da papa Urbano VIII nel 1634. Questi riconoscevano la santità pubblicamente acclarata da almeno cento anni prima di tale data. Il non conoscere ancora, all’epoca del processo, il dies natalis di Felice da Corsano, ne impedì la felice conclusione. Studi recenti hanno finalmente portato alla luce la data di morte avvenuta il 20 settembre 1526, vale a dire 108 anni prima delle disposizioni urbaniane. Tale scoperta sana, oggi, l’antica lacuna, che non impedì, comunque, di erigere un altare e una statua in suo onore all’interno della grotta di Deliceto, resa famosa dalle preghiere e dalle penitenze del beato Felice.
    La statua lo raffigurava vestito con abito agostiniano, sandali ai piedi, corone di rosario nelle mani, bisaccia da mendicante sulle spalle.
    La sua fama, ragguardevole, perdurò fino a tutto il XVIII secolo e dura, ancora oggi, nei territori ove egli massimamente portò la sua opera: Deliceto, Ariano Irpino, Ascoli Satriano, Panni, Troia, Corsano, Gildone, Montecalvo Irpino, Montefalcione, Castelluccio Val Maggiore, San Bartolomeo in Galdo, Baselice, Atripalda, Campobasso, Orsara. Gli annali dell’ordine agostiniano e la sua bibliografia lo tramandano con il titolo di santo o beato. Fra i suoi illustri devoti vi furono Sant’Alfonso Maria de’ Liguori e San Gerardo Maiella.
    Il primo, in virtù della bolla dell’1 marzo 1745, a firma di mons. Antonio Lucci, vescovo di Bovino (oggi beato), in qualità di fondatore e primo Rettore Maggiore della Congregazione del Santissimo Redentore ereditò il complesso monastico di Deliceto prendendone il possesso il 28 marzo successivo. Il secondo trascorse la sua vita nel convento della Consolazione in Deliceto dal primo maggio 1749 al giugno del 1754 cioè fno ad un anno e mezzo circa dalla morte, che lo colse a Caposele (AV) il 16 ottobre 1755.
    E’ proprio Sant’Alfonso Maria de’ Liguori che ci tramanda, in un suo manoscritto, il ricordo della grotta dove il beato Felice trascorse, in meditazione, preghiera e penitenza, lunghi periodi della sua vita: … Il beato Felice per attendere maggiormente alla vita contemplativa fecesi cavare una grotta con tre camerini separati, sotto lo stesso monte del convento (della Consolazione in Deliceto), la quale oggidì (tra il 1745 e il 1750) chiamasi la “Grotta del beato Felice”. Trovasi scritto dal canonico Casati (storico di Deliceto) che in quella si ritirava a vivere per mesi intieri il Beato, e che vi era una antica e comune tradizione che per un buco della detta grotta , il quale oggidì ancora si vede, fosse venuto più volte l’Angelo del Signore a visitare il romito, ed anche un corvo che giornalmente gli avesse portato una pagnotta di pane. Ma che che sia di ciò, è certo che la detta Grotta sin’oggidì è tenuta in venerazione, ed è visitata da’ divoti, allorché vengono le Genti in gran numero da’ diversi Paesi a visitare la Santissima Vergine specialmente nel giorno della Sua festa agli otto di Settembre…

    G.B.M. Cavalletti

    [Bibliografia di riferimento]
    [Cavalletti G.B.M. Felice da Corsano – Un raggio agostiniano tra i santi riformatori del XVI secolo , Irpinia Libri, Avellino, 2015]

  • Beni,  Beni etno-antropologici

    Ospedale di S. Caterina

    L’ospedale di S.Caterina sorse nel XIII secolo per volontà degli armigeri che, di ritorno dalla Terra Santa, lo costruirono addossandolo direttamente alla cerchia muraria. L’ospedale fu eretto accanto all’omonima chiesa, non più esistente, fondata alla fine dell’ XI secolo dai Crociati montecalvesi di ritorno dalla Terra Santa. L’esistenza, già a quell’epoca, di un ospedale è stata interpretata come segno del notevole livello raggiunto dalla società di Montecalvo, ove pare che si svolgesse una fiera intitolata anch’essa a S. Caterina e svolta nello stesso luogo. Più tardi sorse anche un altro ospedale, quello dell’Annunziata, ubicato fuori dalle mura. Nel 1518, grazie al conte Sigismondo Carafa, l’Ospedale e la chiesa di S. Caterina furono affidati a Felice da Corsano, religioso locale nonché fondamentale figura nella storia dell’Ordine Agostiniano. Un documento del XVII secolo rende note la quantità e la funzione degli ambienti che componevano l’ospedale, tra cui una stanza adibita a carcere, un’altra con grotta adiacente, due dormitori, otto celle oltre ai locali di servizio. L’Ospedale di S. Caterina è attualmente ricordato attraverso i suoi ruderi che mostrano, tuttavia, ancora gli ingressi: quello principale a sud, le altre entrate ad ovest. Chiaramente percepibile è l’imponente volumetria dell’edificio, in cui sono chiaramente definiti una torre tronco-conica ed un contrafforte.

    Redazione

    [Bibliografia di riferimento]
    [Cavalletti G.B.M. Montecalvo dalle pietre alla storia, Poligrafica Ruggiero, Avellino, 1987]
    [AA.VV., Progetto Itinerari turistici Campania interna: la valle del Miscano, Volume 1 , Poligrafica Ruggiero, Avellino, 1993]
    [Credit│Foto - G.B.M. Cavalletti]

  • Il nostro passato,  Storia

    Montecalvo Irpino e l’antichità

    Angelo Siciliano

    [Ed. 00/00/0000] Da molti anni sto lavorando al recupero del patrimonio di ciò che fu la civiltà contadina in Irpinia. La ricerca è incentrata sul mio paese natale, Montecalvo Irpino (AV), piccolo comune dell’Alta Irpinia nord-orientale, area geografica che è stata sempre a stretto contatto con le genti d’Abruzzo, del Molise, del Sannio e della Daunia. Il suo territorio, già frequentato e abitato nel neolitico, è attraversato dal tratturo “La Via della Lana”, che consentiva ai pastori abruzzesi la transumanza delle greggi da Pescasseroli a Candela, in provincia di Foggia. Come molti paesi del Sud, Montecalvo è situato ad un crocevia, dove tanti dominatori sono passati con le loro culture, lasciando segni indelebili che si riscontrano nella lingua, negli usi e costumi, nella storia, nelle credenze magiche e religiose, nel carattere delle persone. È un paese che, come altri nei secoli passati, ha accolto genti di altre regioni meridionali, dopo che la peste o il colera ne avevano falcidiato gli abitanti. Infatti, su invito dei regnanti, molte famiglie della Sicilia e della Puglia erano sollecitate a spostarsi, con migrazioni interne, per cogliere nuove opportunità e ridare nel contempo linfa vitale a tutte quelle contrade del regno che si erano spopolate. Sarà anche per questo che nella parlata irpina si riscontrano termini propri delle aree della Magna Grecia.Il dialetto irpino ha come sostrato l’antica lingua osca. Gli Osci od Oschi erano stati il risultato della fusione tra gli Opici e i Sanniti, dopo che questi avevano conquistato la Campania intorno al 600 a. C.. In base a notizie storiche e riscontri archeologici, seppure frammentari, si può ritenere che i Sanniti ebbero radici comuni o discendenza dai Sabini, che erano stati spinti dagli Umbri verso l’Alto Lazio. I Sabini, nell’VIII secolo a. C., erano presenti sul colle del Quirinale ed ebbero frequenti scontri con i Romani, sino alla sconfitta definitiva subita nel 290 a. C.. L’identità dei Sanniti, che erano suddivisi in quattro tribù, Carricini, Pentri, Caudini e Irpini, cui dovrebbero essere aggiunti anche i Frentani, si andò consolidando come struttura economica, politica e sociale a partire dal V secolo a. C.. Fieri e bellicosi, furono temibili avversari dei Romani per la conquista e il dominio sull’Italia peninsulare.Le ostilità con Roma, iniziate nel 343 a. C., si sarebbero chiuse solo nell’82 a. C. con lo sterminio di ottomila prigionieri sanniti, ordinato da Silla dopo la battaglia di Porta Collina.