Editoria

La comunità Romana di Tressanti

Presentazione

M. Sorrentino / A. Caccese

Mario Sorrentino

[Edito 00/06/2004] Raccogliamo e pubblichiamo questi due scritti così come essi sono stati redatti e lanciati nel vasto iperspazio del Web tramite il sito “Irpino.it”. Scritti che registrano quasi alla lettera, oltreché i primi appunti, anche i dialoghi e i discorsi tenuti prima di tutto tra noi due autori e poi tra noi con altri amici, durante i sopralluoghi nel territorio di Tressanti di Montecalvo, nell’agosto 2003. Segnatamente con Gianbosco M. Cavalletti, Franco D’Addona e Franco Cardinale. La genesi del primo scritto (“Anzano”) è presto detta. Nell’udire un giorno un certo nome, “Anzano”, uno di noi, modesto praticante di linguistica diacronica e di toponomastica, sentì nel suo orecchio uno squillo di campanello. Il proseguimento potrete trovarlo nel primo capitolo della Parte Prima. Nacque così la formulazione dell’ipotesi principale della nostra ricerca. Poi, il linguista, mentre andava a spasso per campi arati in quel di Pratola di Tressanti, inciampò (letteralmente), e così successe anche agli amici ricordati sopra che erano con lui, in una miriade di reperti sparsi tra le zolle. Il linguista, a quel punto, fu sospinto ad invadere il terreno alieno dell’archeologo e , più tardi, anche quello dell’epigrafista latino. Ha fatto bene? Lui crede di aver soltanto supplito alla palese incuria di altri specialisti, forse più fortunati di lui quanto a residenza prossima ai luoghi, ma , molto probabilmente, meno curiosi e amanti della comune terra d’origine. Noi, per un certo verso, abbiamo raccolto il testimone passatoci dai benemeriti nostri antenati, i quali, a partire da poco prima della fine del XVIII sec. (Settecento) e sino ai primi decenni del XX (Novecento), trovarono, decifrarono e denunciarono alle autorità preposte dell’epoca il dissotterramento, a Piano di Anzano e dintorni,  di tanti reperti che noi, in vena di scrivere in modo ricercato, abbiamo chiamato “reperti litici impreziositi da iscrizioni”. Monumenti parlanti che sarebbero diventati subito muti se non fossero stati registrati, dopo la segnalazione dei ritrovatori, nel Corpus Iscriptionum Latinarum (C.I.L.) (v. Vol. IX, registr. con i nn. 1421, 1423, 1431,1434,1446, e altri meno importanti), raccolta edita dal grande Theodor Mommsen. I nomi dei benemeriti nostri antenati che ritrovarono le lapidi con le epigrafi latine sono: il dott. Gaetano Rèndisi (ep. N. 1421, su “Mefiti solvit”), l’arciprete Donato D’Agostino ( ep. n. 1423), Carlo Pizzillo (ep. n. 1434), Giuseppe Pizzillo ( ep. n. 1446), Nicolamaria Lanza (ep. non repertata dal Mommsen, su “Ofillia Quintilla”). (v. APPENDICE)

Ma, ai nostri giorni, dove e in quale stato sopravvivono le suddette lapidi? Una è diventata lo scalino risagomato e scempio di uno scantinato di palazzotto in rovina (la n. 1431), un’altra l’incastonatura  di un muretto di giardino (la n. 1446) (per lustro o informazione ai passanti?), un’altra il coperchio di una testa di fontana a Pratola (non registrata). Quest’ultima, almeno, è rimasta in prossimità del sito originale anche se esposta alle intemperie (vi si parla di un certo Q. F. Rufus, probabilmente Q. Pompeus Q. f. Rufus , console collega di Lucio Cornelio Silla nell’88 a.C.?). Altre, formuliamo questa pia e speranzosa ipotesi, saranno forse depositate negli scantinati di qualche museo delle nostre parti, in attesa di essere studiate. Volete sapere come terminano quasi tutte le annotazioni latine apposte dai curatori del C.I.L. alle registrazioni  delle lapidi di Tressanti?

“Frustra quaesivit Dressel”. Cioè, “Inutilmente ne andò in cerca Dressel”. Dressel  era uno studioso tedesco  collaboratore di Theodor Mommsen, il curatore di quell’immensa e quasi esaustiva raccolta di iscrizioni latine ovunque trovate nel vasto spazio su cui si espanse la romanità.

Be’, noi crediamo di avere cercato umilmente sulle orme del Dressel le nostre lapidi, ma, speriamo, non inutilmente, come accadde a lui.

RINGRAZIAMENTI

Ci sentiamo di ringraziare tutti i residenti di Pratola e dintorni i quali si sono detti certi che lì in passato esisteva “un paese”. Ringraziamo specialmente l’informatore Agostino Lo Conte (Zi’ Austine), il quale oltre a comunicarci che il termine Anzano è ancora usato è andato anche a verificarlo presso altri residenti di Tressanti. Ringraziamo anche alcuni componenti della famiglia  De Furia di Tressanti i quali ci hanno indicato con precisione il confine in direzione di Pratola de La Macchia di Anzano. Altri membri della famiglia  Lo Conte ci hanno indicato la piccola altura denominata Casa di la Corte e la presenza, a livello di scantinato di nuove costruzioni, di basolati. Una conferma sulla dispersione di alcune importanti lapidi con epigrafi provenienti da Tressanti è stata data (a me M.S.) da Gianbosco Cavalletti e da Franco D’Addona. Angelo Sorrentino mi ha messo (me M.S.) in contatto con l’informatore più importante: Agostino Lo Conte (Zi’ Austine). Franco Cardinale ci ha dato un’importante aiuto accompagnandoci a  Macchia di Anzano e realizzando molte foto che corredano questa pubblicazione.

Grazie anche a  Franco D’Addona  che ci ha dato una preziosa  ed importantissima foto. Ringraziamenti anche a Roberto Patrevita, perché è stato lui a parlarci del feudo degli Anzani di Ariano, indicandocelo dal terrazzo del Museo archeologico di Ariano Irpino, che lui dirige e  si trova proprio nel palazzo Anzani. [Nativo] [Correlato]

[Bibliografia di riferimento]
[Sorrentino M./Caccese A., La comunita romana di Tressanti, edito in proprio, Bologna, 2004]

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