Beni,  Beni artistici e storici

La sèkoma: il tesoro nascosto della Valle del Miscano

Nel centro di Montecalvo Irpino il blocco di pietra di epoca ellenista racconta pratiche comunitarie ancestrali

Carmine Cicinelli

 

[Edito 18/06/2023] Montecalvo Irpino, nella Valle del Miscano, è uno scrigno di bellezze e un crocevia di culture. Per visitarla in maniera approfondita non basta un giorno, e forse nemmeno una settimana, tante e tali sono le eccellenze sul piano naturalistico, culturale, storico e naturalmente gastronomico. Un tour per nella zona moderna, ricca di palazzi e chiese, una visita allo storico trappeto, un doveroso passaggio nell’antico borgo di Corsano, sono tutti percorsi turistici consigliati perché ognuno di questi luoghi racconta un pezzo di storia di un territorio davvero eccezionale.

Per chiunque si avventuri a piedi per le stradine del centro del paese, magari per visitare la statua della Mamma bella dell’Abbondanza nella Cappella Carafa o per raggiungere il vicolo degli innamorati, con buona probabilità nei pressi della piazzetta che si apre su Corso Umberto I, dedicata alla vittima delle mafie Giovanbattista Tedesco, si imbatterà in questo singolare blocco di pietra.

A primo acchito può sembrare un reperto archeologico come tanti altri. Ma perché è in mezzo alla strada e soprattutto perché ha questa forma così complessa?

Per chi non la conoscesse si tratta della Sèkoma, un reperto raro e di grande fascinazione storica e dall’importante funzione. Si tratta infatti di uno strumento di precisione utilizzato in passato come pesa pubblica (probabilmente anche come contenitore per misurare la capacità dei liquidi). Una sorta di bilancia utilizzabile da tutti coloro ne avessero bisogno e, in casi estremi, utilizzata perfino dagli agoranomos (i responsabili delle agorà) per dirimere le controversie durante le compravendite.

Esteticamente si presenta come un parallelepipedo in pietra, di colore biancastro/grigio, di circa un metro e mezzo di lunghezza, all’interno del quale si trovano degli incavi semisferici di varie grandezze. Il più grande si trova proprio al centro e si chiama sekoma, ossia l’unità di misura di riferimento dell’epoca (siamo in epoca ellenistica, nel III-II secolo a.C.), che ha una capacità di 73 litri. Accanto ad essa, sui lati, ci sono le sekomata, incavi più piccoli rappresentanti dei sottomultipli. Piuttosto controversa la questione sulla principale funzione della sekoma di Montecalvo Irpino: se per lungo tempo si è pensato rappresentasse una pesa pubblica per i cereali, in particolare il grano considerata la lunga tradizione locale, la presenza di fori di scolo sottostanti gli incavi suggerisce che in origine venisse utilizzata per misurare i liquidi. Qualsiasi sia la tesi giusta, di certo è evidente per chiunque di trovarsi di fronte un pezzo di storia molto importante.

Non è possibile quantificare il valore intrinseco di questo oggetto, ma indubbiamente ci si può fare un’idea del valore simbolico e storico della sekoma di Montecalvo Irpino. Basti pensare che al mondo ne esistono solo altri 2 esemplari, e quella nel paesino del Miscano è l’unica di questa forma in tutta l’Europa Continentale.

A questo punto la domanda più scontata è: cosa ci fa a Montecalvo Irpino questo simbolo della cultura ellenista? Si sono fatte tante ipotesi, la più accreditata di queste ne attribuisce la presenza al transito dei Siracusani di Gerone, che, di passaggio in questo territorio per andare a sostenere Cuma nel 424 a.C., finirono per stanziarsi in zona, apportando logicamente i loro consueti usi e costumi. Un ipotesi per nulla peregrina, pensando alla suggestiva genesi dell’Ospedale di Santa Caterina, sempre a Montecalvo Irpino, fondato dai Cavalieri di Malta Gerosolimitani anch’essi di passaggio qui, di ritorno dalle crociate. [Nativo]

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