Balli di tradizione

  • ASPETTI ANTROPOLOGICI CULTURALI,  Balli di tradizione

    La Tarantella montecalvese
    Una danza arcaica che affonda le sue radici nei riti dionisiaci.

    Angelo Siciliano

    Dioniso, riti dionisiaci e loro repressione da parte del Cristianesimo

    [Edito 05/10/2011] Dioniso era figlio di Zeus e Semele. Costei a sua volta era figlia di Cadmo, re di Tebe. Morta Semele, folgorata dallo splendore di Zeus, poiché Dioniso non era ancora nato, il padre degli dei estrasse il feto dal ventre materno e se lo infilò in una coscia. Una volta nato, Dioniso fu allevato da Ino e dalle ninfe del monte Nisa. Fattosi adulto, costituì un corteo festante di menadi, dette anche baccanti, satiri e sileni, per diffondere tra gli uomini il suo culto e la coltivazione della vite. Agli uomini avrebbe insegnato in quali proporzioni andava diluito il vino con l’acqua, giacché nell’antichità il vino era molto alcolico e in Grecia era fatto divieto di berne allo stato puro, poiché era considerato una bevanda pericolosa simile ad una droga. Il primo a scrivere del vino come un dono di Dioniso, fu Esiodo. Giunto a Nasso, Dioniso sposò Arianna che era stata abbandonata da Teseo, e la leggenda vuole che egli sia arrivato fino in India per diffondere il suo culto. Una volta che questo si era affermato dappertutto, andò a liberare sua madre dall’Oltretomba e in seguito fu accolto tra gli dei dell’Olimpo. A Dioniso sono legati i riti e i misteri dionisiaci, e negli affreschi parietali della Villa dei Misteri, della Pompei romana del I sec. a. C., è rappresentata in modo spettacolare l’iniziazione ai misteri dionisiaci. Taranto era uno dei centri in cui si era diffuso il culto dionisiaco del dio Bacco o Dioniso, e durante i riti dionisiaci, i partecipanti al tiaso, o corteo bacchico, si abbandonavano ad uno stato d’ebbrezza e l’orgiasmo dionisiaco e il menadismo, vale a dire il comportamento delle menadi nei riti dionisiaci, assumevano una spiccata connotazione erotico-sessuale. I riti dionisiaci furono praticati sino al II sec. d. C. anche in Puglia, proprio nella zona di Taranto, facente parte della Magna Grecia, e da essi sarebbe nato, come musica catartica, il ballo parossistico del tarantismo. Proprio nel II sec. d. C., Taranto fu coinvolta nello scandalo dei Baccanali che significò, per il Sud d’Italia, una serie di atroci persecuzioni religiose. A Taranto la musica era utilizzata come tramite liberatorio e risanatore. Già nel VI sec. a. C., Pitagora e i suoi seguaci adoperavano nella Magna Grecia la musica catartica, come pratica musicale di purificazione e risanamento. Nel Medioevo si crearono le condizioni che avrebbero trasformato le pratiche cultuali del “dionisismo” in quelle nuove del “tarantismo”. E queste condizioni, come rileva Ernesto De Martino nel suo libro “La terra del rimorso”, erano la conseguenza della diffusione del Cristianesimo che produsse, con le repressioni poste in atto, la crisi dei culti mitico-rituali.

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    La Tarantella montecalvese

    Antonio Cardillo – Francesco Cardinale

    La nostra tarantella ha avuto il suo massimo sviluppo nell’epoca caratterizzata dalla diffusione dell’organetto, vale a dire, all’incirca, alla fine dell’Ottocento e nella prima parte del Novecento, sino al periodo immediatamente precedente l’avvento della televisione, intorno al 1950. Le circostanze nelle quali veniva eseguita erano diverse; durante i matrimoni, ma anche nei contesti agro-pastorali, ove se ne riscontrano almeno tre: la festa sull’aia in occasione della trebbiatura[1], l’uccisione del maiale e il capocanale[2]. In paese venivano organizzate festicciole[3] il cui scopo non era solo lo svago dei residenti ma anche quello di far conoscere tra loro i ragazzi e le ragazze in età da matrimonio. Solitamente, la tarantella rallegrava il clima e invogliava i più inibiti a unirsi alla festa. L’innamorato di turno, dopo aver dichiarato il suo amore con la serenata, rivolgendosi ai musici, concludeva: Hoj, sunatò’, quantu suni’ bellu! Famme ‘nu giru d’ tarantella![4]

         Negli ultimi otto, nove anni, abbiamo catalogato e raccolto, nel corso di registrazioni presso privati, un cospicuo numero di tarantelle cosiddette montecalvesi, che ci consentono una disamina, seppur approssimativa, della tematica. Lasciamo, come è giusto che sia, l’approfondimento metodico a chi ha più esperienza e titoli di noi. Ascoltando il materiale raccolto si evince sin da subito che, pur riconoscendo alla tarantella nostrana una sorta di originalità e una propria identità abbastanza definita, le composizioni repertate si differenziano, tuttavia, in modo considerevole. Va ricordato, ad ogni modo, che le varie versioni conservano una certa continuità sonora, grazie alla presenza di stili melodici preesistenti, elaborati con variazioni armoniche legate alla creatività dell’esecutore. Si noterà, scorrendo il repertorio, che l’esecuzione dello stesso brano a volte è differente, anche quando il lasso di tempo intercorso tra le registrazioni è poco considerevole; il che appare persino ovvio, trattandosi di esecutori che suonano a orecchio.

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    La Tarantella montecalvese

    Alfonso Caccese

    [Edito 30/09/2021] Montecalvo Irpino AV – La tarantella napoletana nacque a Napoli ai primi del ‘700. A quel tempo le coppie si conoscevano tramite le famiglie. L’amore tra i giovani era platonico. Era molto difficile avere dei contatti, potevano solo guardarsi e sorridersi. I genitori accorgendosi delle simpatie reciproche tra i loro figli organizzavano delle festicciole che finivano sempre a tarallucci  e vino (queste erano le loro possibilità!).
    Sul finire delle festicciole c’era sempre la tarantella. Anche perché in quell’epoca nelle famiglie non mancava mai un mandolino e un tamburello.

    In seguito un grande maestro napoletano Raffaele Donnarumma musicò la prima tarantella. E man mano venne figurata con vari quadri che mascheravano dietro il ballo momenti in cui era possibile di guardarsi negli occhi o in viso, sentire i primi contatti fisici dove dalla stretta della mano stessa, si poteva capire l’intensità dell’amore che stava per nascere, fino ad abbracciarsi in girotondo facendo capire che la loro felicità in seguito si poteva trasformare in amore. A tutt’oggi parecchie coppie di ballerini di tarantella si sono uniti in matrimonio. La tarantella in seguito si trasferì in quasi tutte le regioni e città del sud, così nacquero musicalmente le varie tarantelle, tra queste anche la “tarantella montecalvese”  che non si discosta molto da quella originale napoletana. Alcune variazioni musicali scaturiscono più da una sonorità tramandatasi nel tempo da musicisti provetti non capaci di leggere la musica e quindi la suonavano , come si suol dire, ad orecchio. Infatti nessuno mai ha pensato di annotare o riscrivere queste variazoni che nel corso del tempo hanno subito varie trasformazioni. In origine  la “tarantella” non nasce in ambienti agro-pastorali, piuttosto in ambienti piccoli borghesi-popolani per le ragioni sopra dette, dopodiché con la radicalizzazione nelle città e paesi del sud entra a far parte del mondo contadino arcaico ed entra di diritto nel folclore popolare meridionale. Percorso seguito anche dalla “tarantella montecalvese”, di cui della originale musicalità antica sono ancora in cerca gli appassionati e ricercatori locali che scavando nella memoria collettiva della antica civiltà contadina cercano di far riemergere spunti e note più vicine alla realtà delle origini. Quella che noi ascoltiamo oggi non è altro che una delle tante variazione della tarantella che , presumibilmente non si discosta molto da quella originale napoletana ma comunque ha in sé una musicalità ed un ritmo diverso che la differenzia dalle altre tarantelle meridionali. In più l’aggiunta di un testo vocale fa pensare che sia stata riscritta più a fine propagandistico che quello di una vera ricerca antropologica. [Nativo]