Beni etno-antropologici

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    Montecalvo. Presentazione del restauro registro battezzati anni 1699-1716

    Giovanni Bosco Maria Cavalletti

    Una meravigliosa storia nell’affacinante contesto del Settecento montecalvese.
    Tratto dalla mia relazione:
    “… Rimasugli di secoli si addossavano gli uni agli altri rievocando tempi di gloria e di abbandono. Il grigio argenteo delle ragnatele, illuminate dal fascio improvviso di luce penetrato dalla porta sospinta, si rifletteva sulle pareti e sulle cose. Aveva avuto, netta, la sensazione di essere atteso in quella stanza. Penetrò con lo sguardo la trama d’argento.
    Frammenti del tempo erano sparsi dovunque. Eppure da essi, impalpabili, lucide scie si componevano in disegni finiti e consumati. Vissuti. Ma c’era dell’altro, lo sentiva.
    Avvertiva un richiamo istintivo, necessario. Avanzò con cautela, timoroso di rompere quello strano, affascinante equilibrio. Un rumore leggero, un fruscio, quasi un sussurro, accompagnò un lievissimo sfarfallio delle ragnatele. Trepidante, come in attesa, si senti scivolare in una strana dimensione, come avvolto dal tempo. Mamma Bella! – Esclamò…

    … La fisicità della morte ancora promanava dall’aria. Era presente nella memoria e nei luoghi, nelle tracce di bruciato come nell’acre odore della calce cosparsa a coprire e a cancellare.
    Era lì, tra i vivi, angosciante negli echi sopiti degli urli, terrificante nei silenzi degli sguardi impotenti.
    Rievocata dai fumi d’incenso, prodighi ma insufficienti a coprirne i vapori esalanti dalle cripte.
    Non erano bastate le fosse di sepoltura: Santa Maria, San Sebastiano, Santa Caterina, il Santissimo, la Buona Morte, Sant’Antonio, l’Angelo…, si era ricorsi alle fosse comuni.
    Sentimenti di intensa pietà, misticismo, ambizione di poteri straordinari, magia: questo il variegato scenario, surreale, apparentemente normale nella pratica indifferente del popolo che la quotidianità affollava di esperti fattucchieri, mavari, ianare e occhiarole, e con essi, le storie raccontate ai guizzi dei caldi camini invernali, o sulle afose aie d’estate intorno a covoni sempre più magri di grano, in tuguri di tufo già risuonati di pianto, bisognosi di forti esorcismi…”

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    Oreficeria montecalvese

    [Ed. 04/10/2004] Quando si parla di cose preziose e di valore,di oggetti inestimabili,di rarità e quant’altro,il pensiero corre automaticamente all’oro.
    Non è casuale tale ovvia e scontata considerazione, specie quando il metallo incorruttibile ha segnato tutte le fasi storiche ed esistenziali del nostro essere uomini, in lotta con la natura ostile prima,e fedeli alleati oggi,per garantirci un futuro e una evoluzione.
    Migliaia di anni di evoluzione e di civiltà,hanno prodotto l’uomo che noi conosciamo e temiamo,ma quel che non è cambiato quasi per niente,in questi millenni e il rapporto con l’oro,sia sotto l’aspetto economico che sotto l’aspetto ornamentale.
    Quel che più stupisce e che anche la tecnica di lavorazione e rimasta sostanzialmente identica,anzi ancor oggi,alcune tecniche rimangono sconosciute e la perfezione di alcuni monili raggiungono vette ineguagliabili .
    La considerazione più ricorrente di una donna che visita un museo e che osserva le vetrine destinate ai pezzi di oreficeria,e la bellezza ,l’attualità e modernità dei pezzi,con quella naturale propensione ad averli,non per l’intrinseco valore artistico,ma come oggetto da ostentare e indossare nelle occasioni importanti della vita.E’ questo il senso logico che ha contraddistinto la creazione e l’evoluzione della oreficeria nei secoli,la sua inutilità materiale,la esclusiva destinazione all’incanto al desiderio,alla fantasia,alla bellezza della ricchezza,mancando o difettando la bellezza naturale…

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    Breve storia dell’arte orafa montecalvese

    [Ed. 04/10/2004] Con l’unità d’Italia furono realizzate le prime sistematiche statistiche economiche,con mirati censimenti volti alla conoscenza del territorio dello Stato.
    Anche i Borbone,in verità, vi avevano pensato,appena qualche decennio prima del tracollo,ma con un intento completamente diverso:magnificare le bellezze e le ricchezze del paese,senza alcuno scientifico riferimento all’aspetto economico,che veniva demandato alla autonoma capacità gestionale del territorio.
    Da questi dati,estremamente interessanti si evincono le peculiarità dei vari comuni, come per Montecalvo,che ben appalesava la sua certa vocazione agricola,ma anche una non secondaria attività artigianale (100 scarpari,fabbri,armaioli,ricamatrici… ).
    Tra i tanti traspare la presenza di un Orafo,che non è considerato come una professione vera e propria,forse perché riconducibile a particolari gruppi etnico-religiosi,o per quella naturale ritrosia Del meridionale a manifestare le proprie “debolezze”,ingigantendo le proprie miserie.
    Un paese di commercianti e artigiani dunque,che da oltre quattro secoli non e mai sceso sotto i quattromila abitanti e con una storia politica,militare,ecclesiastica di primaria importanza e di sicuro prestigio nazionale.