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Oreficeria montecalvese

[Ed. 04/10/2004] Quando si parla di cose preziose e di valore,di oggetti inestimabili,di rarità e quant’altro,il pensiero corre automaticamente all’oro.
Non è casuale tale ovvia e scontata considerazione, specie quando il metallo incorruttibile ha segnato tutte le fasi storiche ed esistenziali del nostro essere uomini, in lotta con la natura ostile prima,e fedeli alleati oggi,per garantirci un futuro e una evoluzione.
Migliaia di anni di evoluzione e di civiltà,hanno prodotto l’uomo che noi conosciamo e temiamo,ma quel che non è cambiato quasi per niente,in questi millenni e il rapporto con l’oro,sia sotto l’aspetto economico che sotto l’aspetto ornamentale.
Quel che più stupisce e che anche la tecnica di lavorazione e rimasta sostanzialmente identica,anzi ancor oggi,alcune tecniche rimangono sconosciute e la perfezione di alcuni monili raggiungono vette ineguagliabili .
La considerazione più ricorrente di una donna che visita un museo e che osserva le vetrine destinate ai pezzi di oreficeria,e la bellezza ,l’attualità e modernità dei pezzi,con quella naturale propensione ad averli,non per l’intrinseco valore artistico,ma come oggetto da ostentare e indossare nelle occasioni importanti della vita.E’ questo il senso logico che ha contraddistinto la creazione e l’evoluzione della oreficeria nei secoli,la sua inutilità materiale,la esclusiva destinazione all’incanto al desiderio,alla fantasia,alla bellezza della ricchezza,mancando o difettando la bellezza naturale…
E’ facile comprendere che in questi lunghi travagliati secoli,si è cercato di trovare le più svariate e a volte fantastiche considerazioni sul valore di quel tipo di oggetto o monile, sulla forma dello stesso,sul significato e correlazione con gli avvenimenti della vita solo fine di ingannare se stessi,giustificando cosi il possesso di un oggetto non indispensabile.
Ma la genialità femminile,vera arbitra dell’umano destino, dal Paradiso terrestre ad oggi,poteva non trovare vezzo per configurare l’oro meglio se lavorato,quale capitale e mezzo di investimento socio-familiare ?
Montecalvo paese di antichissima origine,situato lungo l’asse viario più importante dell’antichità (Tratturo Pescasseroli -Candela) non poteva non essere coinvolto in tale avventura. L’influenza Etrusca,la civiltà Sannita e le influenze Greche,trovano un sano equilibrio,in queste montagne della dorsale appenninica,naturale spartiacque tra due straordinarie culture: Greca ed Orientale.
Quella che si sviluppo in queste zone fu una cultura aperta ai fatti della vita e allo evolversi delle civiltà,una cultura Agro-Pastorale,transumante,e perciò ricettiva di tutte le civiltà e di tutte le etnie,riuscendo a carpirne le cose migliori,e con quella sagacia tipica dei montanari,abituati ai lunghi silenzi,ai grandi spazi e alla solitudine,in una terra selvaggia dove la forza non basta e dove l’intelligenza e la vera regina del vivere.
Gli scavi archeologici effettuati negli anni,nelle vaste necropoli di Casalbore e Montecalvo,hanno portato alla luce gli oggetti più strani,certamente importati,a significare come nel periodo preromano questa zona avesse rapporti con tutto il mediterraneo,dimostrato dal ritrovamento di oggetti egizi,cretesi,greci,etruschi,in tombe di epoca Sannitica e Osca.
Un dato inequivocabile traspare dalla ricerca archeologica,ed e la quasi totale assenza della oreficeria medioevale e delta simbologia cristiana,se non in qualche raro esempio di bene ecclesiastico,perdura invece la tradizione della oreficeria antica,che si evolve e si arricchisce nel`600 di influenze spagnole che importano miti,leggende e forme ornamentali di chiara influenza precolombiana (Inca e Maja ).
L’oreficeria napoletana del 6 e 700 e scarsamente presente,se non in qualche notevole pezzo di argenteria sacra,ma e coll’800 e con lo svilupparsi della ricca borghesia che incominciano ad arrivare i gioielli napoletani e qualche raro esempio di oreficeria papalina.
Il successo però, non è eclatante,forse per l’utilizzo delle pietre preziose, non sempre apprezzate, e considerate sempre di scarso valore,ma anche per una certa esilità dei manufatti,in aperta controtendenza alla ostentata eccentricità del gioiello autoctono,bello perché appariscente .
Questa straordinaria ed unica continuità di stile e produzione del gioiello montecalvese e forse legata alla tipicità dello stesso, allo esclusivo se non principale utilizzo del nobile metallo,al fatto che fosse considerato un prodotto di nicchia,in senso negativo per il tempo,legato cioè ad una cultura contadina e popolare e quindi di scarso pregio.
Questi fatti hanno conservato per secoli una cultura millenaria,che non si riscontra in nessuna altra realtà del mondo occidentale e che trova incredibili similitudini in etnie nomadi della mongolia centrale,in quella tibetana,in etnie dell’asia minore e nella millenaria cultura orafa afgana,specificando che la tradizione orafa araba si fonda sul colonialismo della civiltà turca ,avendo perso i legami con le proprie origini.
Il 1860 fu un anno veramente speciale per la nostra comunità,ci si stava avviando alla globalizzazione,dopo secoli di dorata autoctonia.
Finivano d’incanto i confini valligiani (valle del Miscano) e si aprivano nuove prospettive di sviluppo,la miseria divenne tale e ci si vergognava delle proprie origini,cercando nel nuovo e nel progresso rampante la risoluzione ai mali,che sono sempre gli stessi .
Se con i Borbone vigeva la saggia e costante volontà politica di una vita napoletanizzata (un incredibile misto di saggezza e fatalismo),con il Nuovo regno si appalesava una smania protagonista e interessata,più calvinista che cattolica,incurante del giudizio divino e dedita alla conquista del Sud ,il Far West italiano,la nuova frontiera,dove però i selvaggi,provenivano e discendevano,a volte inconsapevolmente,dalla Magna Grecia,forse la Grecia più autentica dell’originale ripetendosi quell’assurdo etnologico che le tradizioni si conservano correttamente solo tra gli emigrati.
L’Unità d’Italia ufficializzò la nascita della Borghesia,che esisteva in qualche modo da oltre un secolo,ma che si legava alla Santa Sede per quelle necessarie coperture giuridiche e per quei naturali salvacondotti,garantiti oggi dalla confindustria o dalla confartigianato.
La ufficializzazione della Borghesia ricca e spregiudicata,svincolata ormai dalla sudditanza ecclesiale,comporto nuovi programmi e nuove forme di sviluppo,l’oro perdeva il suo valore economico per diventare finalmente,quello che era stato inutilmente nascosto per secoli,un bene futile e un decoro alla vanità umana.
Poteva l’oreficeria montecalvese non essere al passo coi tempi ?
Furono realizzati alcuni tentativi ma stava sviluppandosi l’artigianato napoletano che in pochi decenni avrebbe monopolizzato il mercato.
Inizia cosi il lento e inarrestabile declino della oreficeria montecalvese,soppiantata dal gioiello alla moda,dai bagliori del novecento e dalla produzione industriale.
Solo col Fascismo si ebbe un periodo di riscoperta delle tradizioni e della ruralità, ed è proprio in questo periodo che la condizione della donna ritorna al centro della economia domestica, ed economica della famiglia rurale,recuperando i ruoli,gli oggetti,le tradizioni e le religiosità,troppo frettolosamente accantonate.
Questo atteggiamento politico,ancorché economico segno uno spartiacque ineludibile tra il nord sempre più industrializzato e il SUD sempre più agricolo,senza pero quella classe Borghese e Massara,capace di cavalcare il nuovo mondo con la forza delle tradizioni.
Questa incapacità gestionale,abbinata ad un riproposto senso di inferiorità e di inadeguatezza economica,ha comportato la neglezza della millenaria cultura,facendo diventare quella che doveva essere una materia del vivere quotidiano,una materia di studio su vere o presunte questioni meridionali.
Con la questione meridionale ci si introduce nel tunnel dell’assistenzialismo,della depressione assurta a modello economico,della indolenza a sistema di correlazione,ingenerando nel popolo la
necessità di crearsi stili di vita garantiti spesso dalla malavita organizzata,forse l’unica cosa veramente organizzata.

Almeno ufficialmente ci si deve vergognare dei propri desideri,non è opportuno ostentare le proprie ricchezze,non è bello essere belli,non è importante essere colti,il libro non si mangia.
In questo strano periodo storico segnato dalla nascita del vero Medio evo meridionale,assistiamo al riproporsi della struttura politica locale piramidale,ad una economia rurale chiusa,che ci accompagnerà fino alla nascita della Repubblica.
Con la Repubblica nasce la questione del Mezzogiorno e un altro inutile carrozzone,chiamato appositamente Cassa per far capire a tutti,che si sarebbero dati soldi favorendo cosi l’accattonaggio economico-politico,vero male del meridione.
Il Sud diventa il cugino povero,sporco e malato,ma con famiglia numerosa,sempre utile nei momenti di bisogno e quando c’è da lavorare,senza nulla a pretendere.
Il lettore si starà chiedendo “che c’azzecca” tutto questo con l’oreficeria,e invece no,per quella insana regola del contrappasso,da noi, il tutto ha un senso solo quando e l’esatto contrario di qualcosa.
Ed è in questa logica che va letta la Breve storia dell’arte Orafa Montecalvese,che segue e che cerca sommariamente di presentare un patrimonio culturale unico e perciò appartenente all’intera Umanità.[Nativo]

Antonio Stiscia

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