• ASPETTI ANTROPOLOGICI CULTURALI,  Balli di tradizione

    La Tarantella montecalvese

    Alfonso Caccese

    [Edito 30/09/2021] Montecalvo Irpino AV – La tarantella napoletana nacque a Napoli ai primi del ‘700. A quel tempo le coppie si conoscevano tramite le famiglie. L’amore tra i giovani era platonico. Era molto difficile avere dei contatti, potevano solo guardarsi e sorridersi. I genitori accorgendosi delle simpatie reciproche tra i loro figli organizzavano delle festicciole che finivano sempre a tarallucci  e vino (queste erano le loro possibilità!).
    Sul finire delle festicciole c’era sempre la tarantella. Anche perché in quell’epoca nelle famiglie non mancava mai un mandolino e un tamburello.

    In seguito un grande maestro napoletano Raffaele Donnarumma musicò la prima tarantella. E man mano venne figurata con vari quadri che mascheravano dietro il ballo momenti in cui era possibile di guardarsi negli occhi o in viso, sentire i primi contatti fisici dove dalla stretta della mano stessa, si poteva capire l’intensità dell’amore che stava per nascere, fino ad abbracciarsi in girotondo facendo capire che la loro felicità in seguito si poteva trasformare in amore. A tutt’oggi parecchie coppie di ballerini di tarantella si sono uniti in matrimonio. La tarantella in seguito si trasferì in quasi tutte le regioni e città del sud, così nacquero musicalmente le varie tarantelle, tra queste anche la “tarantella montecalvese”  che non si discosta molto da quella originale napoletana. Alcune variazioni musicali scaturiscono più da una sonorità tramandatasi nel tempo da musicisti provetti non capaci di leggere la musica e quindi la suonavano , come si suol dire, ad orecchio. Infatti nessuno mai ha pensato di annotare o riscrivere queste variazoni che nel corso del tempo hanno subito varie trasformazioni. In origine  la “tarantella” non nasce in ambienti agro-pastorali, piuttosto in ambienti piccoli borghesi-popolani per le ragioni sopra dette, dopodiché con la radicalizzazione nelle città e paesi del sud entra a far parte del mondo contadino arcaico ed entra di diritto nel folclore popolare meridionale. Percorso seguito anche dalla “tarantella montecalvese”, di cui della originale musicalità antica sono ancora in cerca gli appassionati e ricercatori locali che scavando nella memoria collettiva della antica civiltà contadina cercano di far riemergere spunti e note più vicine alla realtà delle origini. Quella che noi ascoltiamo oggi non è altro che una delle tante variazione della tarantella che , presumibilmente non si discosta molto da quella originale napoletana ma comunque ha in sé una musicalità ed un ritmo diverso che la differenzia dalle altre tarantelle meridionali. In più l’aggiunta di un testo vocale fa pensare che sia stata riscritta più a fine propagandistico che quello di una vera ricerca antropologica. [Nativo]

     

     

  • Guerra,  Il nostro passato

    Scampò dai forni crematori nazisti

    Redazione

    [Edito 08/06/2022] Era il 1943 quando Giuseppe Pucino all’età di 22 anni viene catturato dai tedeschi, definito IMI internato militare Italiano, e portato nel campo di concentramento in Germania. Giuseppe trascorre 5 anni della sua vita tra la guerra e il campo di concentramento fino a quando non ritorna a Montecalvo. Giuseppe è uno degli ultimi ancora in vita a poter raccontare le atrocità dell’Olocausto. A 99 anni, Giuseppe è stato insignito, da parte del Prefetto di Avellino Maria Tirone, della medaglia d’onore concessa dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a quei cittadini irpini deportati e internati nei lager nazisti e destinati al lavoro coatto per l’economia di guerra. La testimonianza di Giuseppe è preziosa, i suoi occhi rivivono come se fosse oggi l’olocausto, gli occhi di un uomo segnati da quegli avvenimenti custodiscono il ricordo doloroso che lega il passato al presente, l’umanità vive ancora i suoi drammi, cambiano forma, possiamo solo ricordare il male da scongiurare. IL PREFETTO. Nell’accogliente ed affollato auditorium del Conservatorio Statale di Musica “Domenico Cimarosa” era presente il Signor Giuseppe Pucino, da Montecalvo Irpino di 98 anni, cui la platea ha tributato un commosso e riconoscente applauso, nel momento in cui ha ricevuto la medaglia. Dopo l’Inno patrio – in una suggestiva e riflessiva versione per canto tenorile e pianoforte – il Prefetto di Avellino, Maria Tirone, nel saluto introduttivo ha sottolineato «il legame ineludibile tra i due tipi di onorificenze a consegnarsi, la cui motivazione, il cui valore e la cui testimonianza hanno comune fondamento nella dignità del lavoro, nel sacrificio offerto – in pace, come in guerra – da meritevoli cittadini alla Repubblica e nell’impegno a servire solidaristicamente la comunità nazionale». In questi senso, «gli insigniti sono modelli di rettitudine e responsabilità, il cui esempio ed il costante impegno profuso nella loro vita civile diventano – come ebbe a metaforizzare Calamandrei – combustibile per l’attuazione del progetto democratico costituzionale italiano», ha proseguito il Prefetto. «I diritti democratici affondano le radici nella sofferenza, che sia una guerra o la fatica del lavoro, ed è pertanto necessario che ciò sia costantemente rammentato alla comunità, rendendo onore all’impegno di coloro che hanno saputo innalzare la dignità civile personale a giovamento e lustro per la nostra Repubblica». [Nativo]

  • Canti popolari di tradizione orale,  Editoria

    Il volume “Alan Lomax – Passaggio a Montecalvo Irpino” presentato a Palermo

    Antonio Cardillo

    [Edito 21/06/2022] Il 9, 10 e 11 Dicembre 2021, si è tenuto a Palermo il Convegno “Musiche di tradizione orale nell’era della conversione digitale”.
    Si sono avvicendati numerosi etnomusicologi italiani, tra cui Raffaele Di Mauro, Sergio Bonanzinga, Giovanni Giuriati, Giorgio Adamo, e tanti altri. Presenti anche alcuni studiosi della Association for Cultural Equity, fondata da Alan Lomax, e rappresentata oggi dalla figlia Anna L. Wood. Nell’ultima giornata, Giorgio Adamo nel suo intervento, presentando gli studi e le ricerche sui materiali dell’Archivio Lomax, per quanto riguarda la Campania si è soffermato sullo straordinario lavoro compiuto negli anni a Montemarano da Luigi D’Agnese e sul volume che abbiamo pubblicato con l’amico Francesco Cardinale sulla visita di Lomax a Montecalvo Irpino. [Nativo]

  • Cultura,  I confinati,  Poesia

    Marko Kravos in visita a Montecalvo Irpino

    Redazione

    [Edito 16/05/2019] Domenica 11 maggio 2019, a Pesco Sannita nel consueto Festival Ethnoi (culture, linguaggi e minoranze), giunto quest’anno alla dodicesima edizione, tra gli eventi proposti era previsto un incontro con la poesia di Josip Osti, poeta nazionale sloveno, e Marko Kravos, poeta italo-sloveno. Marko Kravos è il figlio di Josip (Giuseppe) Kravos (S. Croce di Audissina 5 agosto 1909 – Trieste 13 aprile 1972), il quale, durante il periodo dei noti campi fascisti, venne arrestato il 5 settembre 1940 a Cagliari, fu trasferito nelle carceri di Trieste e successivamente venne “condannato” all’internamento sull’isola di San Domino (Tremiti) dove rimane dal 27 marzo 1941 al 7 gennaio 1942, quando, in seguito a una richiesta di trasferimento per motivi di salute (deperimento psicofisico) viene inviato nella località di internamento di Montecalvo Irpino, in provincia di Avellino. Ed è qui che, nel 1943 nasce Marko Kravos, importante poeta e scrittore. Approfittando dell’evento in programma a Pesco Sannita, Francesco Cardinale e Antonio Cardillo, Presidente e Vice Presidente dell’Associazione montecalvese Lomax & Carpitella, si sono adoperati affinché l’illustre concittadino nato a Montecalvo, ritornasse nel paese che gli aveva dato i natali, e dal quale mancava dall’età di tre anni, anche se nei primi anni novanta vi passò in maniera fugace ed anonima, senza, però, potersi soffermare a contemplare i luoghi cari della sua infanzia. Ad accompagnare a Montecalvo Marko Kravos e Josip Osti, altro grande della poesia contemporanea, vi erano Sergio Iagulli e Raffaella Marzano, della “Casa della poesia” di Baronissi ed editori dei due poeti. Dopo aver intrattenuto gli ospiti con un pranzo a base di piatti tipici locali presso un noto agriturismo del luogo, vi è stato l’incontro con il Sindaco di Montecalvo, Mirko Iorillo, al quale Kravos ha consegnato, in dono, un prezioso volume, con dedica autografa, della sua importante produzione poetica che sarà a disposizione della collettività montecalvese. Successivamente Kravos e i suoi compagni, sono stati guidati attraverso un percorso alla riscoperta dei luoghi in cui era nato e in cui aveva vissuto i primi anni dell’infanzia. La visita è stata mediata sapientemente dallo scrittore e giornalista Mario Aucelli, che in uno dei suoi volumi sulla storia di Montecalvo, aveva dedicato ampio spazio alle vicissitudini legate a Josip Kravos, papà di Marko. E’ doveroso ricordare che i primi contatti con la famiglia Kravos, e precisamente con la sorella di Marko, l’autrice Bogomila Kravos, furono avviati nei primi anni del duemila da Alfonso Caccese attraverso il sito Irpino.it e proseguirono in seguito con Mario Aucelli. L’associazione Lomax & Carpitella, da sempre sensibile alle vicende legate al paese di Montecalvo Irpino, ha permesso che avvenisse questo importante “ricongiungimento” e ha documentato l’importante visita con foto e video. [Nativo]

    Marko Kravos in visita a Montecalvo Irpino

  • Commiati,  Persone

    La morte di Padre Filippo Lucarelli

    Alfonso Caccese

    [Edito 29/01/2023] Montecalvo Irpino AV – Era in ritiro spirituale nel convento Sant’Antonio a lui tanto caro a Montecalvo Irpino ed è qui che si addormentato per sempre stroncato da un malore nel cuore della notte. Padre Filippo Lucarelli, 90 anni, (ritratto in questa foto bellissima e sorridente di Franco D’Addona), grande trascinatore della comunità montecalvese, non c’è più. Ad annunciare per primo la sua triste e scomparsa con grande dolore il gruppo San Pompilio Pirrotti attraverso la pagina facebook.“Questa notte è salito al Padre, presso l’oasi Maria Immacolata di Montecalvo Irpino, Padre Filippo Lucarelli. La comunità parrocchiale San Pompilio Maria Pirrotti si unisce alle preghiere e si stringe con affetto ai Frati Minori della Provincia Sannito-Irpina “Santa Maria delle Grazie. Sempre cordiale, disponibile e generoso. Un uomo esemplare prima di essere frate.
    Al suo impegno e alla sua grande determinazione si deve la realizzazione della meravigliosa struttura dedicata a San’Antonio all’ingresso del paese, che negli anni ha rappresentato la storia di tante generazioni. Un gioiello prezioso, curato nei minimi dettagli proprio grazie alla sua instancabile opera, un complesso che ha ospitato personaggi illustri da tutto il mondo. [Nativo]

  • Cultura,  I confinati,  Poesia

    Dal confino in Irpinia al ritorno a Trieste nei versi di Marko Kravos

    “Esce per Multimedia Edizioni “Cera matria” l’ultima raccolta del poeta di madrelingua slovena. Un uso poliedrico del linguaggio che impone una riflessione sulle origini e la contemporaneità”

    [Edito 14/02/2023] Trieste – C’è un verso nell’ultima raccolta di Marko Kravos che recita esattamente così: “Di casa, io, dove sono? Il mio luogo natio dov’è?”. Così dall’introduzione di “Cera matria” (Multimedia Edizioni, pag. 128, euro 13) apprendiamo la storia di Kravos, ai più conosciuto come il poeta sloveno di Trieste. Ce la spiega Sinan Gudžević, prefattore del libro e sensibile conoscitore delle origini del nostro poeta. Kravos è nato in Irpinia, a Montecalvo, dove il regime fascista aveva confinato la sua famiglia: «Il Tribunale speciale per la difesa dello Stato aveva condannato Josip Kravos, il padre di Marko, al campo di prigionia sull’isola di San Domino per internarlo poi, insieme alla famiglia, a Montecalvo Irpino» dove appunto il poeta nacque. Paese nativo in cui l’autore non è mai tornato, escluse due volte.

    L’ultima occasione fu per un reading insieme al poeta Josip Osti, nel 2019. Il confino da Trieste della famiglia Kravos è solo la prima parte della storia. Il rimpatrio fu un viaggio per nulla facile. Non è stato un rientro immediato insomma. Prima si trattò di trascorrere un anno intero nella base degli alleati a Bari, cui fece seguito l’imbarco sulla nave per Spalato. Dopo di che la famiglia fu sistemata nella cittadina di Castelnuovo, dove rimase fino a maggio del 1945, quando una nave della Brigata d’oltremare li riporterà finalmente a Trieste. Ma non ritroveranno la loro casa, distrutta dalle bombe degli alleati. Forse da questa storia ci si può avvicinare, con una certa cautela alla poetica di Marko Kravos, sempre incline a mostrarci le diverse prospettive della vita, le inclinazioni che può assumere improvvisamente, i rovesciamenti inaspettati che l’esistenza ci riserva. C’è forse un’unica fonte di salvezza che è il “verbo” appunto, la parola, il linguaggio. In “Cera matria” (che è un gioco di parole intorno al sintagma pappa reale) Kravos scende in verticale proprio nelle profondità della lingua. Ma lo fa con la sua solita leggerezza, con le possibilità conoscitive che dà anche l’ironia. Kravos formula così una struttura in quattro sezioni, dove a ognuna è riservata una parte della giorno, dagli albori al crepuscolo. E dove c’è una novità stilistica, alle sestine in versi sciolti, si accostano dei “bozzetti”, ovvero dei prosimetri, a una poesia quindi segue un bozzetto, non necessariamente connessi. Ciò che caratterizza la voce del poeta è proprio l’uso poliedrico del linguaggio: non va solo a scavare l’origine di identità e parole, ma lo fa affidandosi a una dimensione materica, è questo è sempre stato nelle corde del poeta, molto più fisico che metafisico. Così le metafore ci restituiscono il corpo fatto di carne e sangue, ma anche sede paradossale di segni. Tre ci dice sono le fonti della lingua: testa, cuore e bocca, non a caso messi in relazione con tre poteri: giudiziario, legislativo, esecutivo. Ciò che è fisico e ciò che è segnico riescono a trovare la loro espressione in fiato, voce, suono, facendo però attenzione che nulla sarebbe possibile senza un’altra dimensione, quella del silenzio. Di più: anche la punteggiatura, le preposizioni, le coniugazioni possono assumere il significato di una verità che unisce o divide. Ma nonostante “Cera matria” ruoti intorno a uno spazio con tutta evidenza (anche) metalinguistico, Kravos non è mai astratto. Ci racconta il verbo, certo, ma ci racconta anche la storia, l’uomo e i diversi uomini che differentemente sfruttano le parole. Ci racconta il Coronavirus, non privo di ironia, la paura della fine, ma anche le possibilità conoscitive dell’umano, scevre da ogni trascendenza, più inclini alle infinite possibilità che rivelano le neuro scienze, tutto concorre al “vero”, i sensi e i nuclei mnemonici della mente: «quando questi artefici si danno al connubio, nasce l’immaginazione» e chissà, forse un domani «diranno che tutto viene generato nel sogno o nell’immaginazione». Tuttavia, ricorda il poeta, è necessario ricordare che viviamo nell’epoca «del non sapore, un’era digitale» dove quel “sapore” è così assonante con “sapere”. [Nativo]

    Redazione

    [Crediti│Testo: “Il Piccolo” di Trieste]

  • Fascismo,  Guerra,  I confinati,  Il nostro passato,  Storia

    Montecalvo Irpino: confinati politici

    Mario Aucelli

    [Edito 19/02/2023] I confinati sono stati l’anima del partito comunista, ounque, nella provincia di Avellino.
    Al primo Congresso provinciale del PCI del settembre 1944, nella relazione introduttiva di Bruno Giordano, segretario formale del partito, si legge: “E’ stato merito dei compagni internati sparsi un po’ dappertutto nella provincia, quello di aver iniziato e portato a termine con fede e compostezza il lavoro organizzativo in molti comuni, dove forse non esisteva neppure qualche nostro elemento isolato. La loro presenza in queste regioni è stata per noi una vera fortuna, perché senza essi molti comuni, anzi la maggior parte di essi, sarebbero ancora in balia dei fascisti delle vecchie cricche paesane.” (Cfr. Quaderni Irpini- Anno I, n. 1, marzo 1988).

    I paesi dove si registra la massima presenza di ‘confinati”, sono: Montecalvo, Bisaccia, Flumeri, Lacedonia, Montella, Andretta. Grazie a questi “indottrinatori”, al Referendum istituzionale, alla Costituente e alle Amministrative del 1946 il consenso al PCI sfiora il 50%. A Montecalvo, durante il Fascismo (1941) furono inviate, al contine, diverse “persone indesiderate”. Alcuni di questi internati politici hanno lasciato il segno. Il dottor Giuseppe Camerlengo, con i suoi ricordi “giovanili”, ci ha messo sulle “tracce” di questi ospiti, suggerendoci i cognomi, alcuni dato il tempo trascorso, imperfetti. Grazie alla collaborazione del dirigente, Igino Tufo, e dei suoi validissimi collaboratori dell’ufficio anagrafe del comune, Mario Tulimieri, Marilena Tufo e Anna Argese, consultando schede, registri di morte, di nascita, schede di famiglia, siamo riusciti a ricostruire l’esattezza delle generalità e le date precise di arrivo in paese.
    Il primo è stato Concetto LO PRESTI di Angelo e di Prospera Massaglia, nato a Catania il 16 dicembre 1903 e morto il 26 novembre 1973 sempre a Catania, commerciante nel capoluogo siciliano, arrivato a Montecalvo il 4 settembre 1941. Ritornato nella patria d’origine, dopo aver sposato, a Catania, il 12/09/1942, la montecalvese Donna Luisa Maria Concetta Pizzillo (nata a Montecalvo Irpino il 18 marzo 1918, morta a Catania il 30 dicembre 2003), diventò deputato e assessore regionale della Sicilia. A Montecalvo “domiciliava” all’allora albergo gestito dalle sorelle Scoppettone. Dal matrimonio nacquero tre figli: Angelo Francesco, Maria Pia e Gemma.

  • Comunicato stampa,  Politica,  Verso le elezioni amministrative del 2024

    Montecalvo Unito – Comunicato stampa – 20/02/2024

    Gaetano Parzanese

    Il Segretario del circolo del Partito Democratico di Montecalvo Irpino, Giuseppe Ruccio, ha sottolineato l’importanza dell’unità per il progresso del paese, un concetto con il quale concordo pienamente. È per questo motivo che ho avviato l’iniziativa della lista “Montecalvo Unito”, presentata già durante la prima conferenza stampa del 10 dicembre. Va notato che il Segretario Ruccio, parla di una situazione attualmente critica per il paese, un tema simile a quanto recentemente espresso dal Dott. Pizzillo. Tuttavia, è essenziale ricordare che coloro che oggi invocano l’unità sono stati coloro che hanno governato il paese negli ultimi 15 anni. Durante la legislatura di Pizzillo dal 2009 al 2014, abbiamo assistito al dichiarato dissesto finanziario, alla mobilità di 12 dipendenti e all’inizio di una serie di denunce, questioni che ancora oggi l’amministrazione attuale si trova ad affrontare. I cittadini non desiderano questa situazione; al contrario, come cittadino anch’io auspico una comunità pacifica, con un alleggerimento dei costi della vita e soprattutto il ripristino di una vita sociale senza conflitti. Mi domando se la creazione di una lista unica possa veramente risolvere tutti i problemi accumulati in questi anni. Personalmente, non credo proprio; anzi, mi sembra più simile a una forma di regime. L’assenza di un’opposizione equivarrebbe a non rappresentare tutte le sfumature di opinioni che non erano favorevoli a determinate scelte o programmi politici, il che si tradurrebbe in una negazione dei principi democratici. Pertanto, mi chiedo ancora una volta: come può un paese essere unito se non rappresenta appieno sé stesso nella sua varietà? Comprendo che negli ultimi anni fare opposizione sia stato spesso associato a denunce o rifiuti preconcetti, ma non dovrebbe essere così. L’opposizione dovrebbe invece vigilare sull’operato dell’amministrazione, proporre nuove idee e anche sostenere progetti che favoriscano il bene comune, poiché è ciò che conta veramente. Il problema non risiede nella presenza o nell’assenza di una lista unitaria o di liste multiple, bensì nel fatto che troppo spesso gli interessi dei cittadini sono stati trascurati a vantaggio di interessi individuali, contribuendo così alla disgregazione sociale che sperimentiamo oggi. La mia candidatura a sindaco oggi porta con sé nuove e influenti figure, provenienti da diversi ambiti, che abbracciano sia quello lavorativo che quello sociale. Questo per promuovere il ritorno di un Montecalvo unito, dove la collaborazione e la diversità sono viste come punti di forza.

  • Fascismo,  Guerra,  I confinati,  Il nostro passato

    Josip Kravos

    Bogomilla Kravos

    Nella foto Kravos è il primo da sinistra.

    [Edito 21/02/2023] Josip Kravos, nato a Vipavski Križ nell’allora impero Austro – Ungarico il 5 agosto 1909 (il nome Josip fu successivamente italianizzato in Giuseppe, come pure il luogo di nascita in S. Croce di Aidussina). Dopo un’ infanzia segnata dalla prima guerra mondiale (il villaggio si trovava nelle immediate retrovie) segue il duro periodo del dopoguerra. Entro i nuovi confini, che inglobano quasi un terzo della popolazione complessiva di lingua slovena (i due terzi entrano nel neo-costituito Regno di Jugoslavia), le nuove autorità italiane impongono dopo il 1920 l’uso esclusivo della lingua italiana. Vengono soppresse non solo le scuole di lingua slovena, ma anche tutte le attività culturali, economiche e sociali autoctone, confiscandone i beni. L’antifascismo di Kravos nasce come reazione a un sopruso identitario e riflette il sentimento comune della popolazione slovena.Quando nel 1931 si trasferisce a Trieste per motivi di lavoro, trova nel gruppo clandestino sloveno degli štampiharji convergenza di idee e ambizioni: l’operato del gruppo è di chiara matrice antifascista e opera esclusivamente in ambito culturale. Oltre alla propria professione di sarto negli anni ’30 Kravos si dedica al canto, alla musica e all’attività teatrale. Viene arrestato dalla milizia fascista il 5 settembre 1941, e dopo diversi interrogatori con sevizie viene candannato per un numero imprecisato di anni all’internamento nell’isola San Domino (Tremiti), dove rimane dal 27  marzo 1941 al 7 gennaio 1942. Successivamente, per deperimento fisico, viene trasferito e confinato a Montecalvo Irpino. Nei primi mesi divide la stanza con i confinati croati Čedo Žic e Riko Miler, entra in un rapporto di amicizia con altri compagni di sventura, come pure con la popolazione del luogo. E’ molto affezionato a comma’ Maria Giorgione e alla sua famiglia e ama partecipare alla vita sociale, alle processioni e alle diverse manifestazioni del luogo. Nell’estate del 1942 lo raggiunge la moglie Eufrasia Valič con la figlioletta Alenka (nata a Trieste il 28 giugno 1940 e battezzata per problemi razziali Alma). Alla coppia ricongiunta nasce il 16 maggio 1943 il figlio Marco (Marko). Con l’appoggio degli alleati la famiglia Kravos trova la via del ritorno che li porta prima a Bari, da lì in Dalmazia e poi a Trieste. Nelle memorie scritte da Kravos negli anni ’60 c’è poco rancore e tanta gratitudine per i gesti di solidarietà e umanità che ha avuto modo di apprezzare nei momenti più difficili. In un lungo capitolo ha descritto la sua vita a Montecalvo, le usanze del luogo e le persone che ha avuto modo di conoscere meglio. Attraverso gli occhi meravigliati di uno straniero viene descritta una Montecalvo ospitale, fortemente radicata alla terra,  ricca di preziose usanze e credenze, con donne che indossano il costume della pachiana, con i suoi piccoli traffici e le sue processioni. Josip Kravos muore nella sua casa di Trieste il 13 aprile 1972 per un ictus cerebrale. [Nativo]

    [Bibliografia di riferimento]
    [M.Aucelli, Il fascismo a Montecalvo Irpino, Irpinia Libri, Monteforte Irpino AV, 2019]

  • Commiati,  Persone

    LA VITA NON È BELLA SE NON SPESA PER LA CARITÀ

    Apprendo questa mattina, con grande dolore, della serena morte di Suor Nunziantina Tripi, per molti anni a servizio della Comunità di Montecalvo Irpino. Suor Nunziatina giunse a Montecalvo in sostituzione di Suor Mercedes che, dopo anni di generoso impegno apostolico, per volere dei superiori, andò a servire come superiora, i malati nella comunità a Spoleto. Una vita intera spesa per servire il Signore e i fratelli. Era nata a Leonforte (EN) il 30 settembre 1943 e a soli 14 anni entrò come aspirantina nell’Istituto delle Suore della Sacra Famiglia di Spoleto. Ha svolto la sua missione in diverse Comunità, principalmente come insegnante di Scuola Materna, come valido aiuto nel servizio verso le disabili e nella preziosa opera pastorale delle Parrocchie. A Montecalvo Irpino è giunta dopo aver servito già numerose comunità: Montepulciano, Agira, Acquasparta, Abbadia, Tuoro sul Trasimeno, Norma, Pozzuolo Umbro, Apollosa, Borgo Trevi, Cannaiola, Montepincio, Palermo.
    Si ambientò subito nella nostra comunità assorbendone usi e costumi che lei scopriva genuini e veri e per questo autentici e graditi. Spesso la nostra società ci porta a qualificare le persone per l’efficientismo dinamico del vivere quotidiano, giudizio non sempre garantista dell’autenticità di una persona. Suor Nunziatina era di carattere docile, silenziosa, negli ultimi anni lenta nei gesti fisici, indicatore di problematiche di salute, che con il tempo sono andate sempre più ad aggravarsi, ma questo non le impediva di avere un suo modo personalissimo di essere prossimo a chiunque l’avvicinasse. Si sentiva mamma verso gli altri e, con amore materno, riversava attenzioni cariche di preghiere, gesti, parole e soprattutto sguardi. Lei equilibrava la vita della piccola comunità delle Suore della Sacra Famiglia di Montecalvo Irpino durante gli anni del suo servizio di superiora della casa composta da Suor lsolina e Suor Geromina.
    Ha curato i percorsi in preparazione al matrimonio di tutti i giovani sposi montecalvesi, ha animato il nutrito gruppo delle zelatrici per la visita domiciliare della cappellina della Sacra Famiglia. È stata guida spirituale per tanti che avevano bisogno di consigli e parole di conforto. Amava cucinare e pur non riconoscendosi adatta ai fornelli, s’impegnava a garantire a me e alle consorelle un pasto quotidiano, occasione per parlare, condividere e programmare la vita pastorale della comunità Una missione che ha portato avanti anche dopo la sua partenza da Montecalvo. Tanti hanno continuato a ricevere sue telefonate, attraverso le quali si informava di tutto e di tutti. Il suo amore per la musica la portava spesso a suonare il vecchio armonium a pedali della chiesa di San Nicola. Questo è quello che vedono gli uomini ma ancora più grande è quello che vede Dio. Anche se per motivi di riservatezza non posso dire molto, mi è impossibile tacere su un gesto che l’ha resa grande ai miei occhi. In un momento storico molto delicato, si è offerta “vittima d’amore” per la sua Montecalvo, offrendo a Dio la sua sofferenza quotidiana per il bene delle persone che lei amava e per la nostra Comunità che non ha mai dimenticato e per la quale ha donato la vita.
    Domenica scorsa, Giornata Mondiale del malato e anniversario della Madonna di Lourdes, era sulla sua carrozzina al Santuario della Madonna della Stella, insieme ad altri malati. Nulla faceva presagire una morte imminente. A me piace immaginare la Madonna dirle con la stessa dolcezza con cui parlò a Bernardetta Soubirous, “vuoi avere la gentilezza di venire da me dopo una vita bella trascorsa a servizio del tuo Sposo e mio Figlio Gesù?‘.
    Il Signore l’ha colta nel sonno, in piena notta prima dell’alba facendole riaprire gli occhi in quel Paradiso di luce infinita, gesto di delicato amore per una figlia che ha saputo vivere di un amare
    grande.
    Alla Madre Generale, all’ Istituto delle Suore della Sacra Famiglia, ai suoi familiari e alla Comunità tutta di Montecalvo Irpino, giungano, in questo momento la mia vicinanza e l’invito a ringraziare Dio per questa sua fedele discepola che, dopo essere stata purificata dalla sofferenza, sono certo non può non essere stata accolta dallo sposo divino e accompagnata a sedersi al banchetto eterno
    preparato per coloro che lo hanno amato. Gioisco nell’immaginarla abbracciata al suo caro Padre Fondatore, il beato Pietro, in un afflato eterno. Grazie Suor Nunziantina per il bene che ci hai voluto.

    Don Teodoro Rapuano

    [Crediti│Foto: G.B.M. Cavalletti]