Storia

  • Ambiente,  ASPETTI ANTROPOLOGICI CULTURALI,  Cultura,  Il nostro passato,  Trekking

    IL TRATTURO DELLA TRANSUMANZA PESCASSEROLI – CANDELA

    Mario Sorrentino

    [Edito 00/00/0000] Il tratturo ai tempi del Sannio antico, oltre che una reale via d’erba che potevano percorrere gli animali, valeva come simbolo dell’unione prima di tutto sacrale e poi culturale e politica delle diverse tribù dello stesso ceppo etnico che si erano andate diversificando nel tempo e nello spazio nelle due culture materiali dei pastori e degli agricoltori.
    Era la loro un’economia complementare che permetteva la reciproca sopravvivenza di allevatori e coltivatori in un territorio in prevalenza montuoso, aspro e molto freddo d’inverno, e con scarsi pianori coltivabili non molto fertili. Fondamento essenziale di quest’economia primitiva era perciò l’allevamento che avveniva con lo spostamento alternato in primavera e in autunno di milioni di capi di bestiame (pecore e capre, in prevalenza, ma anche buoi, maiali e cavalli) dai monti alle pianure, e viceversa, attraverso il vasto territorio compreso tra l’attuale Abruzzo e il Tavoliere pugliese.
    I tratturi erano vie d’erba su terreni non fangosi aperti molto probabilmente dagli stessi animali che a branchi si spostavano alla ricerca dei pascoli, quando l’uomo del Neolitico si limitava a seguirli per cacciarli. Poi, con il susseguirsi delle varie civiltà (quella appenninica, i Sanniti, i Romani, ecc.) nel territorio attraversato dai maggiori tracciati, la transumanza fu organizzata e sfruttata economicamente, come è avvenuto sino a circa metà del secolo appena trascorso. “Sergenti” al comando dei pastori erano quei grandi e lanosi cani bianchi, selezionati anticamente e utilizzati ancora oggi per guidare le greggi: i cani di razza abruzzese.
    Lungo il tratturo sorgevano le stazioni di sosta per il riposo di animali e uomini e per lo scambio di prodotti con gli agricoltori (lana, pelli, carne, formaggi, cuccioli contro cereali, olio e vino, e, su un piano solo per noi più elevato: lo scambio matrimoniale). Si svolgevano in quella occasione anche le varie ritualità ordinarie di tipo religioso (v. scheda su “Le Bolle della Malvizza”), politico e civile che cementavano la federazione delle diverse tribù sannite in tempo di pace. In guerra scattavano altri appuntamenti e riti propiziatori. Le stazioni di sosta erano quasi sempre comprese all’interno degli “oppida”. Piccoli centri urbani caratterizzati da un reticolo di vicoli contorti e stretti per poter controllare il deflusso delle greggi, dalla presenza di sorgenti abbondanti d’acqua, e difese da cinte di mura dette “ciclopiche” (mura di grosse pietre poste in opera a secco), le quali, dove possibile, venivano addossate a rocce, se non erano sostituite magari a tratti da queste quando erano inaccessibili naturalmente a nemici o a gruppi di predatori.
    Gli “oppida” (sempre visibili tra loro almeno due a due) scandivano il tratturo in giornate di marcia in base alle esigenze del multiforme mondo di animali e uomini che si spostava due volte all’anno su e giù lungo il percorso, secondo il noto alternarsi “primavera – autunno” e “monte – piano”.

  • Cultura,  Editoria,  Fascismo,  I confinati,  Il nostro passato

    Libri. Ha visto la luce l’ultimo lavoro di Mario Aucelli: “La memoria restituita”

    Antonio Cardillo

    Immagine tratta dal volume: Visita di Umberto di Savoia

    [Ed. 12/06/2011] Montecalvo Irpino AV – Il giornalista Mario Aucelli, da pensionato  (dopo oltre cinquant’anni di professione presso importanti testate), ha raccolto in sei volumi (che potrebbero diventare sette)  il materiale dell’ emeroteca personale (e in parte anche di quelle pubbliche). Su suggerimento dell’Accademico dei Lincei, Professore Emerito Domenico Demarco, lo ha organizzato facendo rivivere la memoria di fatti paesani che ormai più nessuno conosce.

    La ricerca che ha per titolo “LA MEMORIA RESTITUITA” che, così com’è articolata, potrebbe paragonarsi alla  “Enciclopedia di Istanbul” dello scrittore turco Resat Ekrem Koku che, tra la fine del 1800 e buona parte del 1900, usava annotare ogni giorno  ciò che accadeva nella sua città e che, poi, pubblicava a dispense.

    La ricerca nostrana parte dall’inizio del 1900 (con qualche sforamento di collegamento). Dell’antico paesano già altri, diffusamente,  hanno parlato e scritto. Mario Aucelli non ha voluto invadere il campo altrui e si è limitato a trattare di un’epoca di cui nessuno (o quasi) aveva mai parlato. Nulla è stato inventato. Tutto è documentato nel testo e nelle foto che sono veramente tante. Ha trovato vari collaboratori disinteressati. A tutti nei volumi e nelle foto viene data l’attribuzione della paternità.

    Questo il piano della pubblicazione:

    1 – Dal Fascismo ai Commissari civici: il Ventennio a Montecalvo Irpino (già pubblicato).

    2 – I Sindaci di Montecalvo Irpino dalla Liberazione ai giorni nostri: 1946/2009  con, in coda, la “ricostruzione del Collegio Elettorale Provinciale n. 18 con le schede  e foto di tutti i consiglieri ed assessori eletti dall’istituzione (1952) al 2009 (Collegio soppresso con la legge n. 42 del 26 marzo 2010; Montecalvo è stato “aggregato” al Collegio di Ariano 1).

    3 – EFFEMERIDI: alla scoperta del territorio ed altre piacevolezze per mantenere vivo il ricordo di Montecalvo.

    4 – Montecalvo una volta: la Storia (recente), la cronaca, i documenti.

    5 –SENZA INDICE: il folclore… ed anche un po’ di Storia vera (sempre in relazione al titolo). (*)

    6 – L’origine del Mondo: tira chjiù nu péle di ciònna ca ciéntu paricchji di vuòvi (aneddoti osè).

     

  • Cultura,  Editoria,  Fascismo,  I confinati,  Il nostro passato

    LIBRI. DAL FASCISMO AI COMMISSARI CIVICI A MONTECALVO IRPINO

    Angelo Siciliano

    Immagine tratta dal volume:Un gruppo di confinati

    [Ed. 08/09/2011] Montecalvo Irpino AV – Dal fascismo ai commissari civici: Il “Ventennio” a Montecalvo Irpino. Un libro di Mario Aucelli. Indro Montanelli ammoniva: “Un Paese che non conosce il proprio ieri è senza futuro”. Mario Aucelli ha voluto caparbiamente recuperare “l’ieri e l’altro ieri” del nostro paese, Montecalvo Irpino. Chissà, forse per prospettare ai propri concittadini, in quest’epoca globalizzata, deprimente e deleteria per le piccole realtà, una qualche traccia, un qualche sentiero, che dal passato prosegua verso l’avvenire.

    Così, dopo la quarantennale collaborazione con diverse testate giornalistiche e, soprattutto, come cronista del quotidiano Il Mattino di Napoli, e, per altrettanti anni, docente nelle scuole elementari, una volta in pensione, s’è messo a fare un lavoro sistematico per ricostruire la cronistoria del XX secolo di Montecalvo sino ai nostri giorni.

    Non è un lavoro su annotazioni diaristiche ma è l’approdo di un’affannosa ricerca dei documenti, conservati negli archivi pubblici e privati, al fine di ricostruire la storia civile paesana contemporanea, senza trascurare le comparazioni con quella nazionale. Trattasi di centinaia di documenti, consultati e acquisiti colla digitalizzazione, in ossequio al gusto attuale dell’immagine, per scrivere dei fatti accaduti e tramandarne la memoria. Un’iconografia sconosciuta ai più, e ai giovani soprattutto, per “storie” che la parola scritta, da sola, non renderebbe compiutamente.

  • Editoria,  Fascismo,  I confinati,  Il nostro passato,  Storia

    IL FASCISMO A MONTECALVO IRPINO

    LA MEMORIA RESTITUITA – ABSTRACT

    A distanza di otto anni dalla prima edizione de “Il Fascismo a Montecalvo Irpino“,  prima di completare la stampa dell’intera collana de “la Memoria restituita” (di cui, a tutt’oggi, sono stati pubblicati due degli 11 volumi programmati), l’autore ha ritenuto fosse opportuno farlo ristampare in un’edizione più curata e riorganizzata. Pertanto questa è un’opera molto differente dalla precedente. È stata rivista paragrafo per paragrafo e le è stato dato un nuovo ordine cronologico. È stata corredata di nuovi documenti, nuove foto, altri titoli di giornali e altre testimonianze raccolti in tanti anni di lavoro e ricerca. Finalmente, quindi, vede la luce la versione definitiva, guadagnandone in autorevolezza del contenuto e in una maggiore chiarezza della veste grafica. L’opera che già alla prima uscita era stata accolta con entusiasmo dai tanti montecalvesi presenti nella sala del Cinema Pappano il 19 novembre 2011 per la cerimonia di presentazione, nella ristampa ha acquistato ancora maggiore valore, tanto da diventare, per chiunque voglia conoscere più da vicino Montecalvo e i Montecalvesi, di ieri e di oggi, un testo di particolare importanza. Nulla è stato lasciato al caso o al sentito dire. Tutto è descritto con dovizia di particolari e documentato con precisione. D’altra parte l’autore precisa: “Ho vissuto buona parte degli avvenimenti narrati. Posso dire, a ragione: IO C’ERO”. Persino i numerosi riferimenti e gli excursus sulla cronaca provinciale, nazionale e internazionale diventano preziosi per aiutare il lettore a conoscere il passato e ad interpretare il presente.

    Redazione

    [Bibliografia]
    [M.Aucelli, Il fascismo a Montecalvo Irpino, Irpinia Libri, Monteforte Irpino AV, 2019]

  • Editoria,  Fascismo,  I confinati,  Il nostro passato,  Storia

    DAL FASCISMO AI COMMISSARI CIVICI

    LA MEMORIA RESTITUITA

    È il primo volume della serie “La memoria Restituita”, la cronistoria dal 1920 ad oggi di un paese interno della provincia di Avellino. Proprio per questo “isolamento” il paese fu scelto per l’internamento di tanti oppositori sloveni. In questo volume sono state inserite schede dettagliate di quelle sfortunate persone ricostruite grazie alla collaborazione della figlia di un internato: Bogomila Kravos di Trieste. Non solo. Si riscoprirà il modo di vivere dei residenti durante il fascismo e nel dopoguerra. Il progresso sopravvenuto. I personaggi che emersero col regime mussoliniano. Si verrà a conoscenza di un professionista eccelso, il montecalvese On. Gustavo Console che fu ucciso dagli squadristi a Firenze, per le sue idee contrarie. Si verrà a conoscenza della nascita dei partiti politici e delle lotte proletarie. È inserito anche l’eroico gesto di un maresciallo dei Carabinieri, Gaetano Nastri che, per salvare dalla fucilazione da parte di un sottufficiale tedesco nel periodo dello sbandamento post armistizio, facendo scudo con il proprio corpo, ammazzò il teutonico salvando tante vite umane.
    [Crediti│Il testo è tratto dall'Abstract del volume]

    Redazione

    [Bibliografia]
    [M.Aucelli, Dal fascismo ai commissari civici, Irpinia Libri, Monteforte Irpino AV, 2011]

  • Cultura,  Il nostro passato

    Ricordo di una presenza

    Mario Corcetto


    [Ed. 03/08/2008] Firenze ha avuto l’onore di ospitare, il giorno 30 marzo 2008, il rito solenne della beatificazione della Venerabile Celestina Donati, fondatrice della congregazione delle Figlie Povere di San Giuseppe Calasanzio , ai più note come suore Calasanziane La notizia dell’evento mi ha inevitabilmente fatto tornare alla mente le suore Calasanziane che erano a Montecalvo, la cui principale missione era prendersi cura dell’asilo infantile “Rosa Cristini”. E che, invece, tanto si spesero in ogni ambito religioso e sociale da lasciare indelebile il segno del loro passaggio. Suor Flora (la superiora, Suor Dorina, Suor Eulalia, Suor Nicoletta, Suor Rosita, La Madre Maestra (mi accorgo ora di averne sempre ignorato il nome) sono tutti nomi impressi nella memoria mia e di tantissimi montecalvesi della mia generazione. E con loro il ricordo del busto di San Pompilio all’ingresso dell’asilo; dell’attaccapanni con i disegni per riconoscere il proprio posto; del grembiule a quadrettini celesti per i maschietti e rosa per le femminucce (salvo poi l’iniziazione congiunta all’arte del ricamo); dei lavoretti col punteruolo; della vetrinetta con i giochi di legno (sempre nuovi del profumo della pasta e fagioli preparata da Suor Nicoletta; dei lunghi tavoli celesti del refettorio; dei riposi pomeridiani obbligatori, fatti sul banco di classe; del nostro sciamare festoso appena ci era consentita l’uscita in giardino; della battitura dei tappeti tenuti tesi da noi tutt’attorno; delle gallerie per la macchinina scavate sotto le radici del pino al centro del giardino; di qualche scappellotto; di qualche “castigo” faccia al muro; della merenda con il pane e il budino al cioccolato (rara prelibatezza, allora, dalle nostre Parti).

  • Editoria,  Il nostro passato,  Storie di Emigrati

    Montecalvo Irpino 1943 – 45: Ricordi di un ragazzo di allora.

    Mario Sorrentino

    [00/00/0000] Su ogni cima delle colline che circondano la valle c’è un paese, meno che sull’altura dominante verso nord, che è una montagna vera e propria di circa mille metri. Era dall’infanzia che desideravo andare lassù per scoprire i monti e i paesaggi che essa nasconde a chi guardi l’orizzonte dal mio paese, che è posto a un’altezza più modesta. Quando finalmente scalai il monte, se questo è il verbo più adatto, visto che ero arrivato comodamente seduto in macchina a un quarto d’ora di cammino dalla cima, non fu la visione dei lontani, azzurrini monti  dell’Abruzzo a colpirmi di più, diafani e indistinti nella foschia, ma quella del mio paese, che mi appariva non più  aggrappato al suo cocuzzolo come un presepe, ma schiacciato su un piano a circa trecento metri più in basso. Nell’aria tersa riconobbi tutte le sue strade e le case, le macchie degli orti e le piazze. Avevo ripensato lassù alla mia infanzia, mentre percorrevo con lo sguardo quella  mappa inaspettata; perciò vedendo lampeggiare nella mente un volto che mi era stato caro, mi venne l’idea di cercare tra le tante altre case ormai a me indifferenti una in particolare. Dopo parecchi errori d’orientamento riuscii a rintracciarla ai piedi della pineta. Lì aveva abitato la mia maestra delle elementari. La vista di quella abitazione, una delle tante case veramente piccole che sarebbero dovute servire da rifugio provvisorio per i senzatetto di vari terremoti, ma che sempre sono rimaste occupate tra un sisma e l’altro sino ad oggi, e il nome che subito vi appiccicai mi fecero tornare in mente un episodio che credevo fosse svanito per sempre. Dovevo subito trovare un angolo tranquillo, fregarmene di impegni e appuntamenti e forse avrei potuto recuperare con qualche ordine la storia della maestra e di altre persone che insieme a lei aspettavano di rivivere nel mio ricordo.  Scesi in fretta al paese che sorge a mezza costa di quella stessa montagna, e lì, seduto al tavolino di un bar, cominciai a buttar giù in gran furia, con una biro che a un certo punto smise di scrivere, quanti più nomi, date e circostanze potevo, a mano a mano che riemergevano dal buio della dimenticanza.

  • Cronaca,  Il nostro passato

    Il tempo, forse, ci restituisce le vestigia del Largo “Magazéo” ?

    Alfonso Caccese

    [Ed. 12/11/2008] Montecalvo Irpino AV – Durante i lavori di abbattimento di alcune abitazioni fatiscenti compresi tra i vicoli: Acquanetta e Manzelli lungo la direttrice di Corso Umberto nel centro storico di Montecalvo, sono affiorati dei manufatti, in buono stato, che tante ipotesi stanno suggerendo agli esperti del settore. Infatti il ritrovamento di una costruzione di epoca remota costituita da un arco ben visibile con attacchi di soffitti (probabilmente a crociera o a botte) lascia spazio a numerose e svariate indagini di natura architettonica, antropologica e sociale. Anche noi, basandoci su ricordi e testimonianze tramandatesi oralmente negli anni, proviamo a formularne una. Partiamo da  indizi peculiari, come i rilievi  tecnici, che forniscono quasi verosimilmente la probabile larghezza della base del manufatto che secondo alcuni si aggirerebbe intorno ai 150-200 mq. La presenza di altri archi laterali a destra, diruti, a sinistra ancora visibili, ci fanno optare per una ipotesi ragionevolmente fondata, cioè quella che ci troviamo in presenza del probabile ingresso sotterraneo del leggendario “Magazéo” , cioè il magazzino dove i latifondisti consegnavano, per le misurazioni, le derrate alimentari ai signori del luogo.

    Perché accesso sotterraneo?

    L’accesso sotterraneo poteva essere utile anche in caso di assedio, difesa o rivolte popolari.

    Ma c’è anche un altro motivo oggettivo. Cioè quello che, le carovane dei carri trainate da buoi in pariglia, non potevano accedere facilmente alla quota della Rocca o del Castello Ducale per via dei vicoli stretti e parzialmente costruiti a gradoni, quindi è verosimile pensare ad un altro accesso a quota più bassa, a livello stradale, accessibile, ampio e manovriero, noi pensiamo, esattamente dove adesso si stanno effettuando gli abbattimenti. Si intravedono inoltre gli attacchi di sostegno di soffitti, dove, a livello superiore, potevano insistere edifici usati dagli incaricati dei latifondisti per le operazioni di carico e scarico delle merci, ecc.

    Poi la presenza nel centro storico di una fitta rete di cunicoli naturali e artificiali che si diramano, a partire dal Castello Ducale, in ogni direzione, fanno altresì pensare che in epoca lontanissima possa aver rappresentato una zona “ante murale”, soddisfacente le operazioni di difesa avanzata rispetto al mastio  o alla rocca antica vera e propria.

    Si deve inoltre considerare, senz’altro, che il manufatto è preesistente alla costruzione dei palazzi signorili che oggi fanno da contorno al Castello Ducale, e che quindi rappresenti una realtà storica antecedente ai secoli  XVIII e XVII (millesettecento-milleseicento), e che poi sia stato inglobato nelle continue edificazioni nella zona fino poi a scomparire dalla vista. Quindi è molto probabile, che in seguito a questi abbattimenti  di oggi e la futura costruzione di un nuovo comparto abitativo, si distruggano le ultime vestigia del “Magazéo” ducale, o quello che l’importanza dell’arco a “tutto sesto”, abbia  potuto rappresentare in passato. Non occorre, infatti, fare ulteriori considerazioni storiche per sottolineare l’importanza culturale, sociale e per l’economia locale agricola e pastorale della comunità montecalvese, che vedeva da una parte, con opposizione di interessi spessissimo conflittuale, i  proprietari latifondisti e dall’altra il popolo dei mezzadri, coloni, braccianti ,ecc.

    Si tratta forse di pura fantasia?

    Crediamo di no, perché pensiamo sempre che il tempo ogni tanto si sbizzarrisce a presentarci e farci ricostruire un pezzo della nostra storia millenaria e noi o non apprezziamo o addirittura distruggiamo. [Nativo]

  • Fascismo,  Il nostro passato,  Storia

    Montecalvo Irpino 31 marzo 1929

    Elezione del conterraneo Caccese Francesco a deputato del Regio Parlamento Italiano
    Sfilata di cittadini Montecalvesi per l’elezione del conterraneo Caccese Francesco a deputato Regio Parl. Italiano

    [Ed. 00/00/0000] Nel 1929, anno prettamente politico, il regime dittatoriale fascista anche per il successo ottenuto con i “Patti Lateranensi” (11-2-1929) raggiunse una solidità che a molti sembrò indistruttibile. Tutto venne inquadrato dal partito: sindacati, dopolavoro, Opera Nazionale Balilla ecc. A Gorizia si ebbero le elezioni alla Camera dei deputati del dott. ing. Francesco Caccese ed al Senato dell’avv. Francesco Marani. Venne inoltre inaugurata la nuova e la prima casa italiana del Balilla, il campo sportivo del “Littorio” ( E contemporaneamente iniziati gli studi ed i progetti, mai attuati, per il restauro del velodromo) ed alla presenza del principe di Piemonte, il monumento ai Caduti del Parco della Rimembranza, progettato dall’arch. Del Debbio.

    Cenni biografici
    Caccese Francesco, segretario provinciale fascista, ingegnere, nato il 26 agosto 1895 a Montecalvo Irpino, morto  25 aprile 1969 a Gorizia. Arrivò a Gorizia come soldato durante la prima guerra mondiale. Nel 1921 capo dei lavori di ristrutturazione a Kanal, poi trasferito a Gorizia. Dal 1927 al 1929 segretario federale fascista, dal 1929 al 1940 deputato al Parlamento romano. [Nativo]

    Redazione

    [Bibliografia di riferimento]
    [F. Caccese, Due anni di fascismo nella provincia di Gorizia: 1927-1929, F. dell’Isonzo, Gorizia, 1929]
    [M. Češčut, Caccese, Francesco (1895–1969)Biografia slovena, Accademia slovena delle scienze e delle arti, Centro di ricerca scientifica SAZU, Lubiana, 2013]
     

     

  • Il nostro passato,  Storia

    In terra di Corsano

    Corsano – L’antico borgo

    Un’altro fatto che è d’ importanza storica per la nostra terra, è l’ aggregazione di Corsano a Monte- calvo. Questa zona appartiene alla giurisdizione topografica di Montecalvo, e perciò risaliamo alla più antica notizia che, storicamente, si ha.

    Al tempo di Guglielmo II° il Buono, Benedetto de Forgia ,sicut significavit Alfanus Camerarius, teneva Corsano e Tropaldo , nel territorio di Bonito presso il fiume omonimo  e serviva il re con due militi, per l’uno e l’altro feudo.  Teneva ancora Melito con un sol milite. Per la spedizione di Terra Santa (1099) ne offrì sette con sette servienti. ( Vedi Catalogo dei Baroni normanni R Archivio). Il barone di Corsano, in quel tempo, era un dipendente di Elia de Gesualdo.

    Nei documenti del 1418 troviamo che apparteneva a Giovanni Albanese. Nel 1494  fu venduta, in uno a Montecalvo, da re Alfonso II°, a Caterina Pignatelli, indi ai Carrafa. Era di fuochi 70. Nel 1584 Giovan Battista Carrafa duca di Montecalvo  la vendette a Giovanni Andrea de Riccardo. Nel 1727 Raffaella de Riccardo Carrafa la vendette a Vittoria de Simone, vedova di Giovan Battista Pedicini, per ducati 25 mila e 400 . Dopo questi, fu barone Domizio Pedicini dì Benevento, suo figlio.

    Sino al 1656, vi era attorno all’antichissimo Castello medioevale, un centro abitato, in tutto 109 fuochi o poco più. Risulta ciò dai documenti dell’Archivio Vescovile di Ariano. Disertarono quel luogo al tempo della famosa peste di Milano, a causa di epidemia e per vicende non liete. Così la popolazione immigrata con loro i costumi pittoreschi  si accomodava la maggior parte, al Trappeto, ove usando un malefico sistema di escavazione  una specie di case trogloditiche  hanno causato gravissimi danni al paese. Un’altra parte si accomodò dietro la Chiesa del Carmine, o parrocchia di S. Nicolò.

    Felice Polles

    Nella vicina Corsano, trasse i natali Felice Polles, alquanti anni prima del 1500. Il popolo lo ritenne Beato, secondo l’uso del tempo. Ciò, naturalmente, fu prima dei Decreti di Urbano VIII, (13 Marzo e 5 Giugno 1631.) Per questo, ciò che si ha intorno a lui, certamente, non ancora canonizzato non richiede che una fede umana.

    Egli fu di vita austera e penitente, e spiegò la sua attività non solo in Corsano  ove eravi  un convento di Agostiniani, a cui apparteneva il Polles, ma anche in Montecalvo  nell’altro convento, similmente agostiniano ed in molti altri paesi circonvicini e lontani dalla nostra terra  ove si erano fondate in quel tempo altre case religiose della medesima istituzione.

    Per altre notizie, relative a quest’uomo, che può chiamarsi nostro conterraneo, veggasi l’ Archivio Vescovile di Bovino.

    Corsano, intorno agli anni – prima e dopo il 1820 fu centro importantissimo e temibile del carbonarismo. Ivi si facevano le riunioni e giuramenti terribili dei carbonari  ed erano una vera legione ivi si comunicavano le istruzioni, ivi si imparavano al popolo, agli iscritti della setta , tutti i segni convenzionali secondo l’uso di Francia.

    Diofebo Bisogni

    Il caporione, indubbiamente era un tal Diofebo Bisogni di Carlo. Questi, fu condannato a morte tre volte scontò 13 anni di galera col cannale alla gola nelle carceri dì Montesarchio. La pena di morte gli fu commutata, per favore speciale del Cardinale Ruffo , poichè Carlo suo genitore, era amministratore o fattore dei possedimenti dei Ruffo, che avevano nel beneventano  e che in parte, anche oggi conservano.

    Complicato nei moti del 20 ed esiliato a Tunisi, ritornò per l’amnistia del 1831.
    Fu compagno dì C. Poerio, di Stanislao Barracco e dell’Abate  Ciampa di Montefusco. Fu capo di una parte delle milizie nella guerra del 1820 ed ebbe, in uno a Nicola D’ Attoli, un’ attiva corrispondenza con gli uomini politici del settentrione. I documenti dell’epoca furono distrutti per paura della polizia borbonica.  Morì in Corsano nel 1851  e fu inumato nell’unica cappella che ancora oggi ivi esiste. (Mentre il D’ Attoli morì il 19 Marzo 1867). Gli si attribuirono 19 vite umane spezzate  causa il carbonarismo ed egli non lo disconobbe, dolente di non aver raggiunto il ventesimo numero. Nel 1880  la casa Pedicini vendè il feudo di Corsano, col titolo di marchese  a Riccardo Palmieri di S. Secondo e moglie Caterina Marignano del Monte. Nel 1909 – questi lo venderono ad Aristide Giampieri fu Antonio, di Chiaravalle.

    [Credit│Foto - Wikipedia]

    Redazione

    [Bibliografia di riferimento]
    [P. Santosuosso B., Pagine di storia civile di Montecalvo Irpino, Tipografia Fischetti, Sarno SA, 1913]