Storia

  • Cronaca,  Il nostro passato

    Il tempo, forse, ci restituisce le vestigia del Largo “Magazéo” ?

    Alfonso Caccese

    [Ed. 12/11/2008] Montecalvo Irpino AV – Durante i lavori di abbattimento di alcune abitazioni fatiscenti compresi tra i vicoli: Acquanetta e Manzelli lungo la direttrice di Corso Umberto nel centro storico di Montecalvo, sono affiorati dei manufatti, in buono stato, che tante ipotesi stanno suggerendo agli esperti del settore. Infatti il ritrovamento di una costruzione di epoca remota costituita da un arco ben visibile con attacchi di soffitti (probabilmente a crociera o a botte) lascia spazio a numerose e svariate indagini di natura architettonica, antropologica e sociale. Anche noi, basandoci su ricordi e testimonianze tramandatesi oralmente negli anni, proviamo a formularne una. Partiamo da  indizi peculiari, come i rilievi  tecnici, che forniscono quasi verosimilmente la probabile larghezza della base del manufatto che secondo alcuni si aggirerebbe intorno ai 150-200 mq. La presenza di altri archi laterali a destra, diruti, a sinistra ancora visibili, ci fanno optare per una ipotesi ragionevolmente fondata, cioè quella che ci troviamo in presenza del probabile ingresso sotterraneo del leggendario “Magazéo” , cioè il magazzino dove i latifondisti consegnavano, per le misurazioni, le derrate alimentari ai signori del luogo.

    Perché accesso sotterraneo?

    L’accesso sotterraneo poteva essere utile anche in caso di assedio, difesa o rivolte popolari.

    Ma c’è anche un altro motivo oggettivo. Cioè quello che, le carovane dei carri trainate da buoi in pariglia, non potevano accedere facilmente alla quota della Rocca o del Castello Ducale per via dei vicoli stretti e parzialmente costruiti a gradoni, quindi è verosimile pensare ad un altro accesso a quota più bassa, a livello stradale, accessibile, ampio e manovriero, noi pensiamo, esattamente dove adesso si stanno effettuando gli abbattimenti. Si intravedono inoltre gli attacchi di sostegno di soffitti, dove, a livello superiore, potevano insistere edifici usati dagli incaricati dei latifondisti per le operazioni di carico e scarico delle merci, ecc.

    Poi la presenza nel centro storico di una fitta rete di cunicoli naturali e artificiali che si diramano, a partire dal Castello Ducale, in ogni direzione, fanno altresì pensare che in epoca lontanissima possa aver rappresentato una zona “ante murale”, soddisfacente le operazioni di difesa avanzata rispetto al mastio  o alla rocca antica vera e propria.

    Si deve inoltre considerare, senz’altro, che il manufatto è preesistente alla costruzione dei palazzi signorili che oggi fanno da contorno al Castello Ducale, e che quindi rappresenti una realtà storica antecedente ai secoli  XVIII e XVII (millesettecento-milleseicento), e che poi sia stato inglobato nelle continue edificazioni nella zona fino poi a scomparire dalla vista. Quindi è molto probabile, che in seguito a questi abbattimenti  di oggi e la futura costruzione di un nuovo comparto abitativo, si distruggano le ultime vestigia del “Magazéo” ducale, o quello che l’importanza dell’arco a “tutto sesto”, abbia  potuto rappresentare in passato. Non occorre, infatti, fare ulteriori considerazioni storiche per sottolineare l’importanza culturale, sociale e per l’economia locale agricola e pastorale della comunità montecalvese, che vedeva da una parte, con opposizione di interessi spessissimo conflittuale, i  proprietari latifondisti e dall’altra il popolo dei mezzadri, coloni, braccianti ,ecc.

    Si tratta forse di pura fantasia?

    Crediamo di no, perché pensiamo sempre che il tempo ogni tanto si sbizzarrisce a presentarci e farci ricostruire un pezzo della nostra storia millenaria e noi o non apprezziamo o addirittura distruggiamo. [Nativo]

  • Fascismo,  Il nostro passato,  Storia

    Montecalvo Irpino 31 marzo 1929

    Elezione del conterraneo Caccese Francesco a deputato del Regio Parlamento Italiano
    Sfilata di cittadini Montecalvesi per l’elezione del conterraneo Caccese Francesco a deputato Regio Parl. Italiano

    [Ed. 00/00/0000] Nel 1929, anno prettamente politico, il regime dittatoriale fascista anche per il successo ottenuto con i “Patti Lateranensi” (11-2-1929) raggiunse una solidità che a molti sembrò indistruttibile. Tutto venne inquadrato dal partito: sindacati, dopolavoro, Opera Nazionale Balilla ecc. A Gorizia si ebbero le elezioni alla Camera dei deputati del dott. ing. Francesco Caccese ed al Senato dell’avv. Francesco Marani. Venne inoltre inaugurata la nuova e la prima casa italiana del Balilla, il campo sportivo del “Littorio” ( E contemporaneamente iniziati gli studi ed i progetti, mai attuati, per il restauro del velodromo) ed alla presenza del principe di Piemonte, il monumento ai Caduti del Parco della Rimembranza, progettato dall’arch. Del Debbio.

    Cenni biografici
    Caccese Francesco, segretario provinciale fascista, ingegnere, nato il 26 agosto 1895 a Montecalvo Irpino, morto  25 aprile 1969 a Gorizia. Arrivò a Gorizia come soldato durante la prima guerra mondiale. Nel 1921 capo dei lavori di ristrutturazione a Kanal, poi trasferito a Gorizia. Dal 1927 al 1929 segretario federale fascista, dal 1929 al 1940 deputato al Parlamento romano. [Nativo]

    Redazione

    [Bibliografia di riferimento]
    [F. Caccese, Due anni di fascismo nella provincia di Gorizia: 1927-1929, F. dell’Isonzo, Gorizia, 1929]
    [M. Češčut, Caccese, Francesco (1895–1969)Biografia slovena, Accademia slovena delle scienze e delle arti, Centro di ricerca scientifica SAZU, Lubiana, 2013]
     

     

  • Il nostro passato,  Storia

    In terra di Corsano

    Corsano – L’antico borgo

    Un’altro fatto che è d’ importanza storica per la nostra terra, è l’ aggregazione di Corsano a Monte- calvo. Questa zona appartiene alla giurisdizione topografica di Montecalvo, e perciò risaliamo alla più antica notizia che, storicamente, si ha.

    Al tempo di Guglielmo II° il Buono, Benedetto de Forgia ,sicut significavit Alfanus Camerarius, teneva Corsano e Tropaldo , nel territorio di Bonito presso il fiume omonimo  e serviva il re con due militi, per l’uno e l’altro feudo.  Teneva ancora Melito con un sol milite. Per la spedizione di Terra Santa (1099) ne offrì sette con sette servienti. ( Vedi Catalogo dei Baroni normanni R Archivio). Il barone di Corsano, in quel tempo, era un dipendente di Elia de Gesualdo.

    Nei documenti del 1418 troviamo che apparteneva a Giovanni Albanese. Nel 1494  fu venduta, in uno a Montecalvo, da re Alfonso II°, a Caterina Pignatelli, indi ai Carrafa. Era di fuochi 70. Nel 1584 Giovan Battista Carrafa duca di Montecalvo  la vendette a Giovanni Andrea de Riccardo. Nel 1727 Raffaella de Riccardo Carrafa la vendette a Vittoria de Simone, vedova di Giovan Battista Pedicini, per ducati 25 mila e 400 . Dopo questi, fu barone Domizio Pedicini dì Benevento, suo figlio.

    Sino al 1656, vi era attorno all’antichissimo Castello medioevale, un centro abitato, in tutto 109 fuochi o poco più. Risulta ciò dai documenti dell’Archivio Vescovile di Ariano. Disertarono quel luogo al tempo della famosa peste di Milano, a causa di epidemia e per vicende non liete. Così la popolazione immigrata con loro i costumi pittoreschi  si accomodava la maggior parte, al Trappeto, ove usando un malefico sistema di escavazione  una specie di case trogloditiche  hanno causato gravissimi danni al paese. Un’altra parte si accomodò dietro la Chiesa del Carmine, o parrocchia di S. Nicolò.

    Felice Polles

    Nella vicina Corsano, trasse i natali Felice Polles, alquanti anni prima del 1500. Il popolo lo ritenne Beato, secondo l’uso del tempo. Ciò, naturalmente, fu prima dei Decreti di Urbano VIII, (13 Marzo e 5 Giugno 1631.) Per questo, ciò che si ha intorno a lui, certamente, non ancora canonizzato non richiede che una fede umana.

    Egli fu di vita austera e penitente, e spiegò la sua attività non solo in Corsano  ove eravi  un convento di Agostiniani, a cui apparteneva il Polles, ma anche in Montecalvo  nell’altro convento, similmente agostiniano ed in molti altri paesi circonvicini e lontani dalla nostra terra  ove si erano fondate in quel tempo altre case religiose della medesima istituzione.

    Per altre notizie, relative a quest’uomo, che può chiamarsi nostro conterraneo, veggasi l’ Archivio Vescovile di Bovino.

    Corsano, intorno agli anni – prima e dopo il 1820 fu centro importantissimo e temibile del carbonarismo. Ivi si facevano le riunioni e giuramenti terribili dei carbonari  ed erano una vera legione ivi si comunicavano le istruzioni, ivi si imparavano al popolo, agli iscritti della setta , tutti i segni convenzionali secondo l’uso di Francia.

    Diofebo Bisogni

    Il caporione, indubbiamente era un tal Diofebo Bisogni di Carlo. Questi, fu condannato a morte tre volte scontò 13 anni di galera col cannale alla gola nelle carceri dì Montesarchio. La pena di morte gli fu commutata, per favore speciale del Cardinale Ruffo , poichè Carlo suo genitore, era amministratore o fattore dei possedimenti dei Ruffo, che avevano nel beneventano  e che in parte, anche oggi conservano.

    Complicato nei moti del 20 ed esiliato a Tunisi, ritornò per l’amnistia del 1831.
    Fu compagno dì C. Poerio, di Stanislao Barracco e dell’Abate  Ciampa di Montefusco. Fu capo di una parte delle milizie nella guerra del 1820 ed ebbe, in uno a Nicola D’ Attoli, un’ attiva corrispondenza con gli uomini politici del settentrione. I documenti dell’epoca furono distrutti per paura della polizia borbonica.  Morì in Corsano nel 1851  e fu inumato nell’unica cappella che ancora oggi ivi esiste. (Mentre il D’ Attoli morì il 19 Marzo 1867). Gli si attribuirono 19 vite umane spezzate  causa il carbonarismo ed egli non lo disconobbe, dolente di non aver raggiunto il ventesimo numero. Nel 1880  la casa Pedicini vendè il feudo di Corsano, col titolo di marchese  a Riccardo Palmieri di S. Secondo e moglie Caterina Marignano del Monte. Nel 1909 – questi lo venderono ad Aristide Giampieri fu Antonio, di Chiaravalle.

    [Credit│Foto - Wikipedia]

    Redazione

    [Bibliografia di riferimento]
    [P. Santosuosso B., Pagine di storia civile di Montecalvo Irpino, Tipografia Fischetti, Sarno SA, 1913]

  • Il nostro passato,  Storia

    I Giacobini Montecalvesi

    La Repubblica Napoletana del 1799

    Antonio Stiscia

    [Edito 00/10/2005] Francesco Scandone, nella sua monumentale opera “Cronache del Giacobinismo Irpino”, e in riferimento a Montecalvo, ascrive al 1791 la prima notizia ufficiale dell’esistenza del Giacobinismo a Montecalvo, tra i primissimi e rari esempi nel Regno ed a pochi mesi dalla Rivoluzione Francese del 1789:

    1791 – D. Gaetano Rendesi, D. Felice Caccese e Vincenzo Bocchicchio, costituiscono un Club Giacobino.

    A metà del ‘700, nel Reame di Napoli, influenzato dalla cultura inglese, sorretta e incrementata dal ministro Acton, arriva la Massoneria, un modo concreto e moderno di concepire la fede cristiana, fondata sulla fede vissuta nella fratellanza e nelle opere di carità. Divenne di moda farne parte, per quella ritualità e gerarchia quasi ecclesiale, che consentiva ai laici di perseguire gli ideali cristiani, scevri dal controllo della Chiesa Ufficiale e senza dover far voti di ubbidienza. (cfr. Congregazioni)

    L’adesione di numerosi nobili e ricchi borghesi (Principe Carafa, Il Marchese di Sangro ecc.) e di molti preti, spinse il Papa a scomunicare la “Setta”, avendo compreso il pericoloso attivismo di un movimento che poteva anziché sorreggere, porsi in concorrenza con gli organismi ufficiali della Chiesa di Roma.

    Tra i primi Sovrani ad assecondare l’anatema del Papa, fu il re di Napoli (Carlo di Borbone)che provvide a perseguitare e di poi a chiudere le Associazioni dei “Liberi Muratori”. La persecuzione, si sa, genera i martiri, e quello che doveva essere uno sfogo eccentrico ed anche ridicolo, di qualche nobile annoiato e di qualche borghese arricchito, si rivestì di connotati rivoluzionari.

    La Massoneria si trasformò (come sempre accade nel Meridione) in Accademia, in Società Patriottica, in Carboneria (“cambiar tutto per non cambiar niente” – cfr.Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa), e quel che doveva essere un club di snob napoletani, scimmiottanti la nobiltà inglese, assunse le caratteristiche di un Club di pericolosi attentatori all’ordine costituito.

  • Il nostro passato,  Storia

    PRINCIPATO ULTERIORE: MONTECALVO

    [Ed. 00/00/0000] Montecalvo è capoluogo di Circondario di 3°. Classe, ed è il più prossimo ad Ariano capo distretto e sede vescovile, da dove dista solo quattro miglia. E distante da Napoli, per la via di Benevento, 40 miglia; da Benevento 12, da Avellino capo luogo della provincia miglia 22. La popolazione ascende a 5180 individui. Il punto più vicino della strada consolare, è quel tratto che rasenta Ariano.

     

    Aspetto di Montecalvo

    L’abitato di questo Comune abbraccia la parte nord-ovest di un eminente colle, ne sormonta il dosso e declina nella parte sud-ovest. Sicchè una parte dei paese è visibile a que’ Comuni che gli stanno di contro da settentrione; e l’altra parte a quei che verso il sud sono situati. La casa ex feudale posta a cavaliere sull’alto del colle, guarda dalle opposte affacciate ambe le ale del paese, rammentando ancora con le sue negre sdrucite mura il dominio esercitato su quella popolazione da’signori che quelle or derelitte pareti abitarono,ed è visibile,con una chiesa che l’è dappresso, e con molte altre abitazioni che più le sono vicine, a’paesi delle opposte parti. Verso mezzogiorno 1’ orizzonte finisce in Ariano e nelle sue circostanti montagne, che hanno una elevatezza maggiore di Montecalvo. Verso sud-ovest, la vista si disperde, raggiungendo le distanze fìno ai monti di Terra di Lavoro. Da nord-ovest, gli sono di prospetto il Comune di Casalbore appartenente al Circondano, e quello di Buonalbergo che fa parte del Circondano di Paduli. Volgendosi poi al nord-est, si distinguono paesi e confini delle provincie di Capitanata, e Campobasso. L’ orizzonte è molto esteso, ed offre una svariata veduta. Monti, colline, pianure, valli disseminate di case rurali, che masserie si addimandano, particolarmente dalla parte del sud-est e nord-est, offrono allo sguardo una vitale coltivazione ne’campi, ne’ quali monotomia e sterilità sono stranieri.

  • Beni,  Beni artistici e storici,  Storia

    Palazzo Pignatelli: 2 milioni di euro per il restauro

    [Ed. 15/06/2005] Montecalvo Irpino AV – Via libera dalla Regione Campania all’approvazione dell’intervento “Restauro e recupero del palazzo Pignatelli“ proposto dal Comune di Montecalvo Irpino e adesso inserito nel progetto integrato-itinerario culturale “Regio Tratturo di Avellino“.

    L’ente di Palazzo Santa Lucia valuta positivamente l’iniziativa di riqualificazione del valore economico di circa 2milioni di euro (risorse Por- misura 2.1). Adesso, con il parere favorevole del nucleo di valutazione regionale, l’opera, si precisa sul burc di lunedì 13 giungo, sarà inserita all’interno dello strumento di programmazione negoziata. Si tratta di interventi di restauro del castello ducale Pignatelli attraverso opere di miglioramento statico ed opere funzionali finalizzate alla realizzazione di un museo delle attività culturali e produttive con sale di esposizioni temporanee e permanenti.

    L’impostazione dell’intervento riflette a pieno le tematiche individuate dal Por in particolare nella conservazione e nella valorizzazione del patrimonio storico-culturale al fine di creare condizioni favorevoli all’innesco di processi di sviluppo locale. Il tutto mediante la promozione di iniziative imprenditoriali multidirezionali nonché giuste condizioni per l’attrazione di capitali privati.

    L’intera opera è in sintonia con l’idea forza del progetto integrato territoriale che volge essenzialmente alla costruzione di un itinerario turistico-culturale orientato alla valorizzazione dell’intreccio unico tra gli aspetti naturalistici, storici e archeologici del paesaggio irpino. L’obiettivo primario è la messa in produzione delle ricchezze culturali presenti nell’intero ambito territoriale interessato dal percorso del Regio Tratturo, ma anche delle vicine aree archeologiche (Aeclanum-Aequum Tuticum) e della fitta rete di parchi naturali e aree protette presenti lungo la dorsale Appenninica cui si rivolge il progetto Appennino Parco d’Europa. L’itinerario inoltre enfatizza il ruolo dell’Irpinia nord-orientale quale centro ideale di un percorso che unisce tra loro due importanti luoghi della fede, relativi alla figura di San Pio (S. Giovanni Rotondo e Pietrelcina). [Nativo]
    [Credit│Denaro.it]

    Redazione

  • Il nostro passato,  Storia

    Re aragonesi – Montecalvo nel quindicesimo secolo – Il paese antico squassato dal terremoto.

    Murales di via P. M. Ciccarelli – Particolare

    [Ed. 00/00/0000] Venne la volta della regina Giovanna II sorella di Ladislao, entrambi lascivi e voluttuosi. La regina volendo rendere omaggio al famigerato F. Sforza, figlio del gran Contestabile, uomo apprezzato per virtù militari e civili, gli donò moltissime terre in queste nostre regioni, compresa la nostra terra, 1417 . Ma, il rinomato Sforza, avendo avversato i disegni di Alfonso d’Aragona ,per aver indotto la regina a ritirare l’adozione fatta in suo favore  e caldeggiata, al contrario, quella di Luigi d’ Angiò, egli perdeva le accennate possessioni, anno 1435.

    Con Renato che fuggiva in Francia, finiva la dominazione angioina, ed era un capitolo finale e fatale che scriveva quest’ultimo re.

    Col trionfo di Alfonso, si apriva una nuova èra della nostra storia, passando questi nostri paesi sotto il dominio aragonese. Non poteva mancare da parte del nuovo sovrano, dopo la vittoria sui nemici, fautori degli angioini, di riconoscere tutti quei guerrieri e gregari che avevano preso parte alla campagna vittoriosa  dando ai vincitori compensi territoriali. Alfonso, considerando i notevoli servizi resi da Inigo Guevara, G. Siniscalco, gli donava la Contea di Ariano la terra di Montecalvo e il marchesato di Vasto, come risulta da carte locali.

    Per prima cosa Alfonso pensò all’ avvenire del reame, e valendosi di tutto il suo potere, desiderò legalizzare la filiazione  di Ferdinando, suo figlio bastardo, togliendogli la macchia della illegittimità, e facendolo proclamare da un generale e solenne consesso, erede del regno, dopo la sua morte.

    Nel 1447, re Alfonso fu nominato Vicario nell’amministrazione e governo di Benevento, da papa Eugenio IV, ma a vita solamente.

    Il 1456 fu un anno doloroso e tragico per Montecalvo e per molti paesi circonvicini – non esclusa Benevento e molti altri paesi della diocesi beneventana. Il 5 dicembre, alle ore 11 della notte avvenne uno spaventevole terremoto. Si hanno notizie esatte delle rovine causate da quel cataclisma nell’opera di S. Antonino, Arcivescovo di Firenze  –Cronicon, parte III°.

    Senza dubbio, la condizione di Montecalvo fu tristissima, poichè il paese restò in gran parte squassato, i cittadini superstiti terrorizzati e gettati nel più crudele dolore, per la perdita di tanti cari che perirono sotto le case abbattute. Secondo S. Antonino, pare che il numero dei morti sia stato di 800. In mancanza di osservatorio sismologico per valutare altri danni, ci contentiamo delle notizie suaccennate, poichè, sufficientemente, ci convincono che fu una vera calamità per il paese, che ci furono scene di terrore e di sangue nel dissotterrare le povere vittime schiacciate sotto le macerie dell’ antiche case, e che quelli che sopravvissero dovettero riedificare il paese. Peggiore fu la sventura in vari altri paesi della terra beneventana. Ecco ciò che scrive il santo di cui sopra:

    Beneventana civitas notabilis ( ubi Metropolitanus dignissimus ) pro maiori   parte destructa est, et Ecclesia Cathedralis, ubi dicitur Corpus Apostoli Bartolomei quiescere, deficientibus inde hominibus 350 ex ruinis. (Seguita a dire la Diocesi ) Civitas, quae dicitur la Palude, sive Castrum, usque ad fundaménta collapsa est, et quod magis dolendum est 1033, oppressione ex hac luce subtracti. Apichi nuncupatum in totun desolatum, sublatis per mortem 1020 hominibus. Quod dicitur Montecalvi pro maiori parte destructum, e medio 800 subtractis personis. etc. ,, (Salviamo qualche errore di calcolo).

    Nel 1462 leggiamo la guerra dei nibbii e corvi avvenuta nel Covante, tra Apice e Benevento, descritta da G Pontano. I nibbii significavano gli angioini, con a capo il duca Giovanni d’Angiò, e i corvi erano interpretati gli aragonesi, con a capo re Ferdinando I°. La vittoria finale fu di questi ultimi. [Nativo]

    Redazione

    [Bibliografia di riferimento]
    [P. Santosuosso B., Pagine di storia civile di Montecalvo Irpino, Tipografia Fischetti, Sarno SA, 1913]

  • Il nostro passato,  Storia

    Montecalvo e i liberali del 48

    P. Stanislao Mancini

    [Ed. 00/00/0000] Nel 1848 si avverarono altri rivolgimenti. Erano tutte le regioni d’ Italia – infiacchite da diversi secoli di decadenza che insorgevano reclamando la indipendenza politica e la liberazione da ogni servitù. Questo era il pensiero e il sentimento nazionale.

    Nel nostro regno delle Due Sicilie, il malcontento non era cessato contro i Borboni. Uomini insigni nelle discipline civili e penali, di tutte le provincie meridionali, non mancarono di domandare al re un governo rappresentativo. Siamo al 28 Gennaio 1848. « Ferdinando II° di Borbone, re di Napoli (il re Bomba) succeduto a Francesco I – in seguito alla dimostrazione popolare liberale del 27, accoglie il parere favorevole dei suoi fidi, perchè venga concessa al popolo la Costituzione; scioglie il Ministero, e con i nuovi ministri, scelti tutti fra le personalità più spiccate del Partito Liberale, getta le basi di uno Statuto. Il 29 Gennaio 1848, si pubblica in Napoli il Decreto Reale, che promette la Costituzione e dà piena amnistia. »

    Ma quelle parvenze di libertà, venivano, mano mano, soffocate con la forza e rese di nessun valore. Il parlamento elevava indignata protesta – dettata dal nostro P. S. Mancini contro il Borbone – il 15 Maggio 1848. Il re accolse la protesta sciogliendo la Camera, e mutando, a suo arbitrio, le circoscrizioni Provinciali in Distrettuali. Mancini fu rieletto a pieni voti a nostro Deputato del Distretto di Ariano di Puglia. Difese i destituiti del 1821 , mise in evidenza i sacri diritti del suo popolo – incoraggiò il movimento.

    Complicato nel processo politico del 15 Maggio 1848 – « d’avvocato era mutato in complice e condannato in contumacia a 25 anni di ferri. » Prese scampo in Piemonte, portando con se la nostalgia per la libertà della Patria.

    Montecalvo partecipò al movimento della nuova Italia, incoraggiato dal Mancini e da altri uomini del luogo – e mostrò la sua fede patriottica con la stessa fermezza dimostrata nel 1820.

    Nella vicina Ariano si formava il governo provvisorio, dai noti caporioni De Miranda – i Polcari – De Florio di Montecalvo – Pietro Narra, similmente di Montecalvo – avendo partè agli avvenimenti T. Grasso, P. Parzanese – D. Giuseppe ed Orazio Santosuosso col loro congiunto di Montecalvo Antonio Santosuosso avo paterno dell’ umile storico – ed altri ; mentre in Montecalvo si segnava una data di persecuzione. Si veggano gli innumerevoli processi, conservati nell’Archivio Provinciale di Avellino, relativi a quell’epoca – e si avrà la prova della nostra affermazione.

    Naturalmente, come in tutte le cose di questo basso mondo – anche allora vi furono le due correnti. La conferma diretta di ciò che si afferma, si ha dai documenti dell’epoca, generalmente risaputi, perchè già pubblicati, editi, passati alla storia e che per dovere d’ imparzialità, riportiamo senza alcun commento. Di chi la colpa? Per conto nostro, facendo astrazione su uomini e cose – riteniamo che la colpa fu dei tempi, e di quel poeta, che aveva cantato « Borbonium nomen venerabile ab omnibus » poichè quel canto fu suggestione.

    La storia non può essere scritta se prima non è fatta, diceva Luigi Settembrini. Per Montecalvo la storia di questo difficilissimo periodo si è fatta purtroppo, e, debolmente, l’abbiamo anche scritta in più capitoli ma per ragioni indipendenti dalla nostra volontà, non possiamo pubblicarla. Censura… [Nativo]
    [Credit│Foto Wikipedia]

    Redazione

    [Bibliografia di riferimento]
    [P. Santosuosso B., Pagine di storia civile di Montecalvo Irpino, Tipografia Fischetti, Sarno SA, 1913]

  • Cultura,  Eventi,  Il nostro passato,  Storia

    Manifestazione del 7 aprile 1946

    Montecalvo Irpino AV

    [Ed. 00/00/0000] [Nativo]

    Pietro Cristino (sotto braccio alla sin. del prof. Vinciguerra di Ariano Irpino con soprabito chiaro in primo piano), socialista, è stato eletto primo sindaco democratico di Montecalvo Irpino, con la lista frontista della Spiga

     

    Partenza della sfilata della Spiga da corso Umberto in occasione dell’elezione a sindaco del farmacista Dott. Pietro Cristino

     

    Sfilata lungo Corso Vittorio Emanuele

     

    Sfilata lungo Corso Vittorio Emanuele

     

    Insediamento del Sindaco Pietro Cristino

     

    I componenti politici della “Spiga”, schierati davanti al comune. Si notano il Sindaco Cristino, il confinato politico Antonio Smorto, il giovane “Ciccio” Panzone e il giovane insegnante elementare Michele Lazazzera.

    [Le foto qui rappresentate sono proprietà intellettuale degli eredi Cristino; esse costituiscono un ritaglio delle originali. Per vederle nella loro interezza, è necessario visitare la pagina nativa. Non è consentito alcun uso al di fuori della visualizzazione. L'autore degli scatti è Nicola Auciello, padre del fotografo Giovanni. La pubblicazione e la digitalizzazione delle stesse è stata consentita ad Angelo Siciliano da Agnese Cristino, coniugata con Oreste, figlio di Pietro Cristino.]

  • Approfondimenti,  Cultura,  Il nostro passato,  Politica,  Storia

    Ricordando Giuseppe e Pietro Cristino nella terra del silenzio

    Angelo Siciliano

    Pietro Cristino 1° Sindaco di Montecalvo Irpino

    [Ed. 00/00/0000] [N. 10/12/1991] Parlare di Giuseppe e Pietro Cristino, oggi, nell’epoca del crollo delle ideologie, dopo l’implosione dei regimi totalitari dell’Est europeo, ma anche di guerre sanguinose – basti pensare a quella del Golfo Persico e all’altra tra le nazioni dell’ex Iugoslavia – che sicuramente hanno trovato una concausa nel crollo del Muro di Berlino del 1989, che ha segnato la fine della guerra fredda e dei blocchi contrapposti, guidati dalla fine della seconda guerra mondiale rispettivamente da USA ed URSS, potrebbe anche significare andare ad indagare fatti, persone e vicende del Novecento, la cui storia, oltre che non sempre ripercorsa e chiarita adeguatamente e a sufficienza, ci appare distante anni luce. E proprio tale distanza consente che tanti personaggi di primo piano, che hanno fatto la storia civile e sociale del nostro paese, possano essere spesso posti in discussione per le scelte politiche fatte e per il loro operato nel secondo dopoguerra, in quanto hanno contribuito, seppure indirettamente, a quel sistema politico nazionale bloccato, rimasto senza alternativa. Si è parlato e si parla anche di democrazia incompiuta. La realtà è che per più di quaranta anni ci hanno governato più o meno le stesse persone, realizzando – caso unico tra i paesi occidentali – una sorta di “dittatura” in democrazia, che ha determinato conseguenze assai gravi: invecchiamento e inefficienza delle Istituzioni pubbliche; alcuni fenomeni gravi di collusione tra politica e criminalità organizzata; intere regioni alla mercé di mafia, ‘ndrangheta o camorra che insanguinano il Sud sostituendosi allo Stato come se questo avesse rinunciato alle proprie funzioni; malcostume diffuso della pratica del pizzo e della bustarella per cui, sempre più spesso, la cronaca nera è ricca di casi di burocrati e amministratori locali divenuti essi stessi, in prima persona, i gestori del malaffare. È il “diritto negato” ad alimentare spesso faide tra i malavitosi e comportamenti omertosi anche tra i cittadini. I partiti politici si sono trasformati in qualcosa di diverso da ciò che erano originariamente: da strumenti di democrazia sono diventati organizzazioni di potere. Tuttavia pare che ora qualcosa cominci a cambiare e fasce non trascurabili della popolazione non sono più disposte a concedere la propria delega in bianco ai politici, portati sempre più ad anteporre gli interessi particolari, di pochi privilegiati, all’interesse generale della collettività. I problemi sono tanti. Da locali o nazionali che erano, sono divenuti di portata planetaria. Non sarà di certo la logica delle lobby, delle multinazionali e della propensione al consumismo a prospettare le soluzioni più eque o più giuste per la nostra società.

    1946: Elezioni del Sindaco Dott. Pietro Cristino