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Fregi dai motivi ispano-americano sui portali di C. Umberto in Montecalvo Irpino
Montecalvo Irpino AV – I portali presenti in tutto il centro storico, in particolare in Corso Umberto, riportano nella chiave di volta fregi dai motivi ispano-americani, importati dai soldati spagnoli che in queste zone si stabilirono nei secoli passati. Non è difficile incappare in simboli quali facce di puma, foglie di marjuana, uccelli esotici.
Redazione
[Bibliografia di riferimento]
[Cavalletti G.B.M. Montecalvo dalle pietre alla storia, Poligrafica Ruggiero, Avellino, 1987]
[AA.VV., Progetto Itinerari turistici Campania interna: la valle del Miscano, Volume 1 , Poligrafica Ruggiero, Avellino, 1993]
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Don Pietro Cavalletti, salesiano, montecalvese, professore di Salvo D’Acquisto.
Redazione
[Edito 00/00/0000] Don Pietro Cavalletti, figlio di Giuseppe e di Rosina Spinelli, nacque a Montecalvo Irpino il 29 giugno 1908. Morto il 14 febbraio 1995. Riposa nel cimitero di Montecalvo. Il 10 giugno 1933 fu ordinato Sacerdote Salesiano nella Chiesa del Sacro Cuore al Vomero in Napoli dall’Arcivescovo mons. Felice Guerra. E’ stato docente di lingua francese negli Istituti Salesiani dell’Italia Meridionale. Per circa un cinquantennio alla sua attività di professore di lingua straniera ha affiancato quella di docente di musica. Tra i suoi primi allievi vi fu Salvo D’Acquisto. Don Pietro Cavalletti fece, su richiesta dell’incaricato della Santa Sede, regolare deposizione, allegata agli atti del processo di Beatificazione di Salvo D’Acquisto. Don Pietro fu anche Maestro di Cappella, per circa un ventennio, nella Chiesa parrocchiale del Sacro Cuore in Napoli. [Nativo]
[Bibliografia di riferimento]
[Cavalletti G.B.M. – Lo Casale G., Fonti per la Storia di Montecalvo Irpino, Poligrafica Ruggiero , Avellino, 1985] -
Esercenti nel dopoguerra a Montecalvo Irpino – “Filicetta Cillese”
Francesco Cardinale
Montecalvo Irpino AV – Nell’ultimo dopoguerra del secolo scorso gli esercenti erano molto noti, in quanto, a differenza di oggi, c’erano pochi negozi e molta più gente, ragione per cui erano sulla bocca di tutti quando si usciva per fare acquisti. Si comprava quasi tutto in loco, i centri commerciali e la vendita online erano ancora di là da venire. Tra questi, da annoverare Felicetta Cristino, meglio conosciuta come “Filicetta Cillese”, “Cillese” perché originaria di Celle San Vito (FG).Felicetta era amabile, disponibile e ti accoglieva con un sorriso, dispiaciuta se nella sua bottega non trovavi quello per cui eri andato.
Diceva “aspetta un po’” frugando nel retrobottega, da cui usciva con qualcosa di simile a quello che cercavi. Svolgeva la sua attività in uno spazio di pochi metri quadri, ma pieno sino all’inverosimile. Il suo negozio era situato in posizione strategica, lì dove il mercato finiva; perciò, specialmente per chi veniva dalla campagna, era quasi d’obbligo fare un salto da lei. Vendeva di tutto, cose che oggi risultano impensabili venderle nello stesso contesto.La sua gamma di prodotti spaziava dall’oreficeria alle bombole di gas, dagli abitini per la prima comunione ai detergenti, alla stoffa (era anche una brava sarta).L’altro giorno sono passato davanti al suo negozio, in corso Umberto, e ho rivisto la stessa porta che chissà quante volte ho attraversato da bambino. Nella vetrina c’erano ancora alcuni oggetti di quel periodo: bamboline, anelli, un adesivo “Liguigas” e bigiotteria varia.
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LA «SEKOMA» DI MONTECALVO IRPINO
UN PO’ DI CHIAREZZA SULLA CORRETTA DATAZIONE – SEKOMA
SEC. XVI
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SEKOMA
III-II SECOLO A.C.
[…]
ETA’ ELLENISTICAGiovanni Bosco Maria Cavalletti
Sono, le soprascritte indicazioni, la sintesi di un dibattito che tra la primavera del 2010 e quella del 2011 animò la discussione culturale montecalvese.
In tale periodo, le due distinte ma attigue segnaletiche turistiche campeggiarono contemporaneamente davanti all’ingresso della Casa Comunale di Montecalvo Irpino per indicare l’età dello stesso reperto.
Una situazione tra il grottesco e il ridicolo che suscitava curiosità, ma anche sconcerto e incredulità.Cosa era successo? Molto semplicemente che in una revisione generale della datazione dei principali monumenti del paese e in seguito ad una mia consulenza che datava al XVI secolo il manufatto in questione, l’amministrazione comunale aveva provveduto a rettificarne la precedente cartellonistica che, di contro, lo datava all’epoca ellenistica.

Sekoma – Targa descrizione manufatto A quel punto si sarebbe dovuto rimuovere il vecchio cartello, ma prima di farlo l’amministrazione comunale voleva l’autorevole parere della competente soprintendenza.
A tale effetto, con nota prot. n. 7180 del 17 agosto 2010 avente per oggetto datazione manufatto denominato «sekoma», l’ente comunale chiedeva ai sostenitori delle contrastanti tesi di relazionare per iscritto in merito alle loro argomentazioni. Acquisite le relazioni, con lo stesso protocollo, veniva formalmente richiesto il parere della Soprintendenza Archeologica per le province di Salerno, Avellino Benevento e Caserta.Intanto, in attesa del responso, permanevano entrambe le indicazioni fino a quando, con nota del 04/04/2011, prot. Cl. 28.14.00/51, inviata al Comune di Montecalvo, alla Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici e Etnoantropologici di Salerno e Avellino, nonché all’Ufficio Archeologico di Avellino, la Soprintendenza per i Beni Archeologici di Salerno, Avellino, Benevento e Caserta, poneva fine al dubbio dando la seguente risposta, regolarmente notificatami dal Comune di Montecalvo con lettera del 07/05/2011, prot. n.3915, avente per oggetto «Richiesta datazione manufatto denominato “Sekoma”»:
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La ferrovia a Montecalvo Irpino e gli scheletri.
Angelo Siciliano
[Edito 08/03/2004] Per quanto riguarda la linea ferroviaria che attraversa il territorio montecalvese, ricordo che negli anni Cinquanta del Novecento, Giuseppe D’Agostino, Pèppu Maglióne, che aveva la masseria sopra la statale 90 bis, alla Malvizza di sotto, raccontava che, scavando delle buche per mettere a dimora delle piante di vite, erano venuti alla luce alcuni scheletri umani. Sosteneva che molto probabilmente si trattava dei resti d’operai, morti per incidenti sul lavoro nella realizzazione della galleria ferroviaria che, dalla contrada Olivara porta verso la stazione di Ariano Irpino. Asseriva che tale galleria era stata realizzata alla fine dell’Ottocento, da maestranze dell’Italia settentrionale.Nell’ambito dell’archeologia sociale, sarebbe molto interessante fare una ricerca su questi fatti e sulla realizzazione di questa tratta ferroviaria, che fa parte della ferrovia Napoli – Foggia.
Sarebbe pure rilevante capire che fine hanno fatto gli studi e i sopralluoghi, di una quindicina di anni fa, che ipotizzavano l’abbandono della linea ferroviaria esistente nella Valle del Miscano, per la costruzione di una ferrovia alternativa nella Valle dell’Ufita. [Nativo]
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IL POSTO DELLE ASCE DI PIETRA A MONTECALVO IRPINO
Angelo Siciliano
[Edito 05/09/2005] Una quarantina d’anni fa, usciva nelle sale cinematografiche un film del regista svedese Ingmar Bergman, “Il posto delle fragole”. Lo trovai bellissimo, per i rimandi metafisici e surreali che riusciva a trasmettere. Era incentrato su un maturo professore che, a coronamento della propria carriera, stava per ricevere il premio Nobel dagli accademici di Svezia.La notte che precedeva la premiazione, egli faceva un sogno particolare: si rivedeva bambino nel luogo degli affetti, dov’era cresciuto serenamente con i familiari. Un posto tranquillo, con un giardino con le fragole. Evidentemente si trattava di un luogo idealizzato. Poi, un carro funebre, trainato da un cavallo imbizzarrito, andava a sbattere contro un lampione. Nella bara che scivolava a terra, e il cui coperchio saltava via nell’impatto, c’era proprio il professore.
Asce di pietra a Montecalvo Irpino
A Montecalvo, io non ricordo che vi fossero fragole in passato. Forse ora le coltivano in serra. Tuttavia, il mio posto delle fragole è sempre stato qui: la Costa della Menola, a scendere giù, fino alla Ripa della Conca. Questa campagna coltivata per secoli, fino agli anni Settanta del Novecento, forse perché condotta a coltura promiscua, con ogni tipo d’albero da frutta, appariva come un eden. Ora è in buona parte abbandonata e selvaggia, e alberi selvatici la infestano e soffocano da ogni parte. Ma è anche un contesto archeologico devastato. Come risulta d’altronde tutto il territorio montecalvese. E nel resto dell’Irpinia non è che le cose vadano meglio.

Il luogo del ritrovamento (costa della menola) I ritrovamenti di reperti archeologici, qui sono sempre stati casuali e sporadici. Gli strati, accumulatisi nelle varie epoche, non sono sovrapposti in regolare successione temporale, ma risultano quasi sempre sconvolti e mescolati. E ciò a causa dei disboscamenti, per la messa a coltura della terra, a partire da quando l’uomo, da cacciatore e raccoglitore, scelse di diventare stanziale. L’uso della zappa, poi dell’aratro trainato da muli o buoi, e dei trattori nel Novecento, e ultima l’introduzione di scavatori per il livellamento del terreno e lo scavo di buche per i nuovi impianti d’ulivi o noci, finanziati dall’ente pubblico, hanno portato ad un paesaggio molto diverso da quello preistorico e quelli successivi, osco-sannitico prima e romano poi. E di non secondaria importanza sono l’erosione del terreno e i franamenti provocati da acqua e neve, associati all’intervento umano non sempre corretto e rispettoso dell’ambiente. Anche i tanti calanchi che si vedono in giro, al di là della conformazione del territorio, sono una chiara testimonianza del prolungato dissesto geologico.Nel territorio montecalvese, che io ricordi, non sono mai venuti alla luce reperti preziosi, anche se le leggende narravano del ritrovamento fortuito di qualche vaso interrato, pieno di marenghi d’oro, la saróla cu li mmarénghi, per spiegare un arricchimento di qualche famiglia contadina, che agli occhi della gente appariva come improvviso. Tuttavia va detto, che ogni reperto ritrovato, anche quello in apparenza insignificante, è sempre da considerare importante, perché contribuisce a farci capire chi ci ha preceduto sul nostro territorio e come ha vissuto.
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Convento S. Antonio da Padova di Montecalvo Irpino
Mario Aucelli
[Edito 00/00/00] La famiglia francescana di Montecalvo Irpino vive all’ombra del convento di S. Antonio all’entrata del paese. Il convento, da sempre residenza dei frati minori , fu costruito intorno al 1600, distrutto molte volte dal terremoto, oggi si presenta come una struttura moderna e funzionale. Annessa al convento e alla chiesa di S.Antonio da Padova, c’è l’Oasi Maria Immacolata. Il convento rappresenta il punto di aggregazione degli amici di S. Antonio per rinfrancarsi spiritualmente e portare a tutti il messaggio cristiano di Pace e Bene. Nel 1222 San Francesco d’Assisi, percorrendo le antiche vie romane, andava pellegrino al Santuario di San Michele Arcangelo sul Gargano. Montecalvo, centro strategico sulla via IGNATIA (al di sopra di Casalbore), lo vide passare non lontano e conservò il ricordo della sua predicazione e del suo insegnamento. Il seme gettato dal poverello di Assisi germogliò subito a Montecalvo grazie alla devozione a uno dei suoi figli più grandi: S. Antonio.Nel 1520 Papa Leone X, con la bolla Esponi Nobis Nuper, accondiscese alla richiesta di Sigismondo Carafa, primo conte di Montecalvo, di poter costruire un monastero per i minori riformati di San Francesco.
Nel 1626 cominciavano i lavori per il convento di Sant’Antonio. In quell’occasione, si racconta, un frate piantò Il tiglio (ormai vecchio di quattro secoli) che si ammira di fronte al monastero.
Nel 1631 le opere di costruzione del convento furono portate a termine, grazie soprattutto alle donazioni della famiglia dei duchi Pignatelli e alle offerte del popolo. La struttura comprendeva tre bellissimi chiostri, quello d’ingresso affrescato con figure e scene giottesche. La fine dei lavori coincise con la rinascita francescana nel Sannio e nell’Irpinia e con la fondazione della Provincia dei frati minori di Sant’Angelo (FG). Vari terremoti hanno minato l’impianto architettonico originario del convento. In particolare: i sismi del 1688, 1702, 1731, 1930, 1962. Il terremoto del 21 agosto 1962 decretò la fine della struttura seicentesca.
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Il pomodorino di collina servito nei ristoranti cinesi
[Edito 00/00/0000] Montecalvo Irpino AV – Il pomodorino di collina arriva in Cina. A portarlo la Crisef di Montecalvo irpino, azienda che incentra il proprio business imprenditoriale proprio sulla promozione del pregevole prodotto agroalimentare. Grazie ad un rapporto di fornitura con una società di import-export cinese, l’impresa ufitana ha spedito nel mercato internazionale un container di 210 quintali
Sbarca il Cina il pomodorino di collina della Valle Ufita. Artefice e protagonista dell’importante missione internazionale la Crisef srl di Montecalvo Irpino: azienda che incentra il proprio business imprenditoriale proprio sulla promozione del pregevole prodotto agroalimentare. Un container di 210 quintali è infatti stato spedito, la scorsa settimana, nella piazza d’affari asiatica ed è già stato distribuito all’interno dei canali di vendita e ristorazione locali. Tutto nasce attraverso una rapporto di fornitura instaurato con una società di import-export cinese. Ma c’è di più.
“Adesso- mette in evidenza Nicola Serafino, amministratore unico della società- il nostro pomodorino è in esposizione al Tempio Italiano. Una sorta di grosso centro commerciale, presente in Cina, adibito alla promozione e vendita dei prodotti italiani”. L’approccio al mercato asiatico non è nuovo per l’azienda ufitana. Gia fitto e consolidato il business con il Giappone.
Oggi il prodotto ufitano, commercializzato con il marchio “Serafino”, è venduto in quaranta supermercati di Tokyo. Il tutto grazie a un legame con un distributore del luogo con il quale sono stati avviati proficui rapporti commerciali. I soci della Crisef hanno operato per diversi anni in una cooperativa agricola (Copam arl) produttrice di pomodori – pomodorini di collina – ortaggi. Nella cooperativa i soci si sono occupati di tutti i reparti: amministrativo, produttivo, commerciale.
Da ciò è maturato il progetto di distribuire il pomodorino di collina prodotto dalla cooperativa e dai suoi associati.
Con l’attività in cooperazione gli imprenditori hanno avuto modo di conoscere i problemi del settore e di creare nuove tecnologie dirette a sviluppare e migliorare l’attività agricola, in particolare la produzione del pomodorino di collina.
Per diverso tempo ci si è dedicati sia alla produzione che alla commercializzazione e trasformazione del pomodorino con l’obiettivo di portare sul mercato un prodotto genuino e di ottima qualità.
L’idea di lanciare direttamente sul mercato il pomodorino di collina è alla base della nascita della Crisef. I pomodorini vengono offerti in barattoli di diversi tipi e formati. La commercializzazione avviene con il marchio Serafino.
La società è entrata nel mercato nazionale ed estero tramite campagne di promozione, contatti diretti con i potenziali consumatori (ristoranti,negozi, supermercati, privati), attraverso la partecipazione a fiere e manifestazioni pubbliche. [Nativo]Stefano Belfiore
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Il papa e la chiesa Beneventana
[Edito 26/02/2007] Il tema è destinato ad aprire un acceso dibattito, su quanto sia vasto il fenomeno della superstizione. Una parola usata dall’allora cardinale Ratzinger, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede”. Fu lui a celebrare il congresso eucaristico, facendosi portavoce del messaggio di Giovanni Paolo II° davanti ai fedeli e alla Chiesa di Benevento. E fu allora che si lanciò il giudizio che sembra risuonare come un anatema: «Chiesa di Benevento! Sii vera e propria “comunità eucaristica”, che tenta il recupero dei “lontani” attraverso l’opera diuturna della “catena dei messaggeri”, iniziativa quanto mai opportuna, al fine di perfezionare la riconversione ambientale, bonificando il Sannio e l’Irpinia da residue sacche di superstizione e di inadeguate concezioni della religiosità».
E’ questo il passaggio che solleva non poche perplessità, e che segna anche il giudizio, datato tre anni fa, del vaticano sulle due province meridionali. In quella stessa occasione, Giovanni Paolo II e oggi Benedetto XVI fecero un altro appello:«Amata Chiesa di Benevento! La Vergine Santissima delle Grazie ed i tanti Santi che vegliano su di te – da san Bartolomeo apostolo a san Gennaro e san Barbato, da San Pompilio a san Giuseppe Moscati e sant’Alberico Crescitelli sino al beato Pio da Pietrelcina – ti aiutino a proseguire con rinnovato slancio nel tuo cammino di fede e di testimonianza dei perenni valori cristiani. Ti ottengano molte e sante vocazioni sacerdotali e di speciale consacrazione, perché non manchi mai ai tuoi figli chi spezza il pane della Parola e dell’Eucaristia». In quella stessa occasione si esortava la chiesa sannita, di cui fanno parte diverse parrocchie irpine, a “proseguire” con costanza e generosità nell’impegno dell’adorazione eucaristica settimanale, recentemente ripreso, attivando numerose e partecipate “scuole di preghiera”, dove accogliere i tanti giovani, desiderosi di scoprire in Gesù il loro compagno di viaggio. Valorizza i “centri di ascolto” per approfondire il mistero eucaristico con i fratelli di fede, mobilitando le famiglie perché assumano con responsabilità il ruolo difficile ma esaltante dell’educazione alla fede dei propri figli. “Moltiplica la tua cura e la testimonianza di solidarietà verso i malati e gli anziani, i poveri e gli emarginati, ognuno coinvolgendo in una crociata di preghiere per il trionfo di Cristo e della sua Chiesa”. [Nativo]
[Credit│corriereirpinia.it]Redazione
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Montecalvo dopo la morte di re Guglielmo II° – I re svevi.
[Edito 00/00/0000] Con la morte di Guglielmo II° i regni di Sicilia passarono in successione – a Costanza normanna, che fu moglie dell’imperatore Errico VI° di Svevia. Vennero altri tempi – altri nomi — altre vicende. Le guerre di quei tempi per ricuperare i regni dotali, l’assedio di Napoli — la sua seconda venuta in Italia per il riacquisto dei regni medesimi – sono fatti che possiamo leggere nella storia generale. – Seguirono i tempi di Federico II° di Svevia, ma per la nostra terra- che rimaneva ancora nella terra beneventana, per mutar di tempi e di baroni, nulla o quasi, si era cambiato. Nel regno, i Feudi incominciarono ad essere ereditarii a tempo di Federico II° nel 1210 — dal quale fu pubblicata la Costituzione: Ut de successionibus – in cui si dichiara essere ereditari con l’investitura semplicemente. – A tempo di Carlo II° di Angiò, nel 1300 cominciarono ad essere ereditari sotto altra investitura, cioè per gli eredi discendenti dal legittimo corpo:Le aride cronache del nostro paese poco riportano di rilevante. Siamo sicuri che si viveva la vita di un paese feudale. Relativamente, era un centro notevole a causa dei rapporti che aveva con la vicina Ariano e dei contatti con Apice – Benevento – Buonalbergo – Corsano. Nel registro dell’imperatore Federico Il – 25 Dicembre 1239 – tra gli altri baroni che sono nominati – nel giustiziariato di Principato – per la custodia dei lombardi fatti prigionieri di guerra, vi è Matteo di Letto, che fu poi Signore di Montecalvo – come vedremo da un documento del R. Archivio. – Vi è pure Dominus Casalis—Albuli (Casalbore). Intorno a questi tempi, fu pure giustiziere imperiale di Principato e della nostra terra beneventana Tomasio de Montenigro – il quale ebbe il mandato di assegnare i detti prigionieri ai di versi baroni della sua giurisdizione. – Qui notiamo che diviso il regno in Provincie – Montecalvo fu inclusa in prov: di Principato ultra.MANFREDI DI SVEVIA
Venne il periodo tempestoso e guerresco di re Manfredi, ma i tempi erano quasi cambiati, e volgevano in favore dei Pontefici, preparando nuovi periodi di lotte feroci. Il biondo eroe di Svevia si slanciò alla vittoria con la. forza delle armi, per raggiungere la corona di Napoli e di Sicilia. Erano in contrasto il principio ghibellino e nazionale contro i guelfi e gli invasori d’oltrealpi. Dopo i primi combattimenti col Pontefice Innocenzo IV, il re guerriero, a capo delle sue milizie, entrava trionfalmente in Lucera – capitale della vecchia Daunia e rocca dei saraceni – accolto festosamente ed acclamato dalla folla a Principe. A varie riprese, continuò le guerre con Alessandro IV – Urbano IV – e nulla valse a smuoverlo dalla sua ostinazione In breve tempo, morirono diversi papi – e non per avanzata età, ma per eccessi di travagli e sostenere un diritto largamente contrastato. Da una bolla di papa Urbano IV,si apprende che Manfredi fece distruggere per opera dei Saraceni la città di Ariano Irpino. [Nativo]Redazione
[Bibliografia di riferimento]
[P. Santosuosso B., Pagine di storia civile di Montecalvo Irpino, Tipografia Fischetti, Sarno SA, 1913]


